Tenorsassofonista, ma anche sopranista e flautista di una certa levatura, Joe Farrell, al secolo Joseph Carl Firrantello, è una di quelle figure finite troppo presto in un frettoloso dimenticatoio, e che meriterebbero maggiore attenzione da parte degli appassionati di buona musica.
Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio del decennio successivo, il nostro è stato uno di quei musicisti che, partendo da un background jazzistico di tutto rispetto (la Big Band di Thad Jones e Mel Lewis, Elvin Jones, i Return To Forever di Chick Corea, Charles Mingus), volevano espandere il loro lessico introducendo nella loro musica stimoli provenienti dagli attigui linguaggi del funk, del soul e del rock, all'insegna del motto "let's do something different". I dischi incisi da Farrell per la CTI, etichetta del mitico produttore Creed Taylor e registrati sotto l'egida del mago dei suoni Rudy Van Gelder, pur non facendo gridare al miracolo, sono delle piccole, deliziose perle di quell'ibrido di generi musicali che all'epoca non si poteva ancora chiamare "fusion". Un ibrido ancora acerbo se vogliamo, ma non per questo meno affascinante.
Per una mera questione di gusto personale, ho scelto di recensire "Upon This Rock" del 1974, ma anche il precedente "Penny Arcade" ed il successivo "Canned Funk" possono vantare degli ottimi numeri. In primo luogo, Farrell individua un ottimo comprimario nel suo alter ego chitarristico Joe Beck - nessuna parentela con il ben più famoso Jeff, anche se in quanto a padronanza sia del jazz che del rock, anche qui non si scherza... Al basso troviamo il roccioso Herb Bushler, completano la sezione ritmica Jim Madison e Steve Gadd che si alternano alla batteria, e Don Alias alle percussioni. Herbie Hancock è della partita nel delizioso "I Won't Be There", le cui aggraziate movenze latine e gli indiavolati assoli di flauto potrebbero ricordare le atmosfere del disco d'esordio di Jaco Pastorius.
I fan del sound seventies troveranno pane per i loro denti: minutaggio abbondante, due brani per facciata dell'LP, chitarrone vintage, ardite circonvoluzioni sonore nella parte scritta, e improvvisazioni sanguigne e funkeggianti. Ad ogni piè sospinto si ha l'impressione di vedere sbucare dall'angolo la filante berlina di Starsky ed Hutch...
Joe Beck spesso sovraincide più linee di chitarra, sulle quali Farrell si disimpegna con buongusto ed energia. Sax e chitarra si passano la palla con consumata maestria, Beck prende un paio di assoli notevoli, alternando raffinate diteggiature jazzistiche con momenti più acidi e marcatamente rock. L'atmosfera è spesso satura ed elettrizzante, ed i quaranta minuti scarsi di disco volano via in un batter d'occhio. Ne vorrete ancora...
Un bel personaggio, Joe Farrell. Uno che si è preso un lusso di mandare a quel paese Chick Corea quando quest'ultimo gli ha proposto di entrare nella becera setta di Scientology. Uno che ci ha lasciato troppo presto, purtroppo, falciato dalla droga a soli 49 anni.
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