Fino ad ora ho parlato di Album scoperti autonomamente (dove "Eye in the sky" è in realtà un po' un mix), questa volta voglio raccontare di un album la cui scoperta devo a mio padre.
Diciamo che devo lui tutta la mia cultura musicale, però al di fuori dei grandi classici generalmente mi sono sempre mosso autonomamente.
Qualche anno fa a casa dei nonni paterni scoprii i vecchi vinili di mio padre in un armadio, sepolti sotto la polvere, nessuno se n'era più interessato, anche perché il vecchio Thorens Td 160 era stato venduto (mea culpa).
Così nei due anni seguenti alla scoperta dei vecchi vinili decidemmo di recuperare un Audiotechnica sempre di mio padre e di iniziare un po a rispolverare quei vinili (nel frattempo avevo iniziato a mettere su una mia collezione facendo qualche lavoretto per il condominio, ma principalmente acquistavo CD, dato che con poco, ne prendevo molti).
Ora, penserete che uno dei primi ascolti fu proprio "Body And Soul"... e invece no.
Da grande fan, mio padre cercò di farmi ascoltare i 4 vinili dei Rush che aveva comprato in giovane età. A metà ascolto del primo però, capì che non facevano per me, così lo riposi nella sua bella confezione e iniziai a cercare tutt'altro rispetto a quelli il cui ascolto mi era stato suggerito.
Ne avrò ascoltati 3 o 4 ma con nessuno scattò la scintilla.
Decisi così di tornare sui miei passi e, pur sempre scartando i Rush (limite che ancora non ho superato), ascoltai altro... come i Chameleons, o Breakfast in America (di cui conoscevo solo la title track).
Solo alla fine decisi di ascoltare Joe Jackson, un po' come ultima spiaggia, proprio perché non mi era rimasto molto (nel frattempo erano passati quasi due annetti).
Avete presente il concetto di Epifania?
Vi cito (non testualmente) come la definiva Joyce:
"L'epifania è un'improvvisa rivelazione spirituale, causata da un gesto, un oggetto, una situazione della quotidianità, forse banali, ma che rivelano inaspettatamente qualcosa di più profondo e significativo. È un'illuminazione, una rivelazione."
Ovviamente Joyce lo diceva molto meglio, ma così riesco ad esprimere meglio io il concetto.
La mia anima nasce Rock, vive nel Pop e ha scoperto con la mia dea Amy un'appendice (piuttosto grossa) Soul/Blues.
Ho scoperto che Joe Jackson può essere inserito in tutti questi settori (abbastanza mischiati tra loro) della mia anima.
"Body and soul" non ha un genere... è pop, però anche rock 'n roll, soft jazz, soul, latina...
È un pò come quando durante una giornata afosa d'agosto, in balia dello scirocco, arriva un soffio di Bora (il che è fisicamenta improbabile ma è così bello immaginare).
È quel tipo di benessere.
Perché quando immagino (e soffro fisicamente) lo scirocco, lo percepisco come qualcosa di pesante, che ti si si accolla sulle spalle e non ti molla più.
La Bora invece è energia allo stato puro, agita le menti, è allegria e leggerezza.
Ricollegandoci a Joyce... pensate a Trieste, che è un tutt'uno con la bora: quando questa arriva, la luce diventa cristallina e il mare schiaffeggiato acquista riflessi e sfumature incredibili.
Insomma, la Bora è qualcosa di semplice e leggero che inebria di vita ogni luogo in cui si manifesta.
Non vedo differenze con "Body and soul".
Joe Jackson è riuscito a creare un album leggero, molto semplice e diretto.
Quando dico semplice non intendo letteralmente nella sua composizione musicale, anzi, gli arrangiamenti sono anche abbastanza articolati, però arrivano all'orecchio con una sottigliezza incredibile.
"The Verdict" ad esempio, è molto snella come traccia, e per questo arriva d'impatto... già solo in quelle primissime note iniziali.
Però a farmi percepire la similitudine con la bora è stata "Cha Cha Loco". Ora, io non so come sia nata, quasi non mi interessa, ma l'influenza latina è decisamente percettibile.
Studiare Diritto Privato con sotto questa canzone è stata un'esperienza metafisica...
Era come leggere il manuale immerso nel carnevale di Rio.
Questa è la Bora... l'insieme di piano, percussioni, legnetti in sottofondo e trombe del ritornello. Cha cha looocooooo...
Joyce sembra però essere parte integrante di quest'album, soprattutto con "Not Here, Not Now", malinconica, triste, ma soprattutto lenta, quasi statica e ridondante, proprio come la paralisi Joyciana, d'altronde anche la traccia di pianoforte è quasi immobile e sospesa in uno spazio senza tempo... ti entra in testa e non esce più... rimane fissa lì.
"Loisaida" vive nello stesso mondo, entrando un po' nella sfera del Montecarlo Nights. Di una Raffinatezza ed esecuzione unica, il Sax mi fa trascendere nell'iperuranio.
5.24 minuti che potrebbero essere benissimo 20h.
Con "You Can't Get What You Want" e "Go For It" ritorna la bora: energia irrefrenabile ed atmosfera da pub americano anni 50'.
"Happy Ending" mi riporta con la mente alla recita di fine anno di seconda media in cui facemmo una sottospecie di Grease... non proprio bei ricordi... però ogni volta che sento
"Do I listen to my head, do I listen to my heart?
Do I try to feel the same as I feel when we're apart?
Do I think about the end when it's only just the start?"
Ci metto un po a smettere di muovere le spalle a tempo e a canticchiare, sinceramente non me lo spiego, sono un tronco, non posso "ballare".
"Happy Ending" apre però ad un finale discendente, dove rimangono sempre sublimi Sax ed esecuzione, ma il tutto si appiattisce un po.
Se Amy aveva risvegliato la mia parte soul, "Body and Soul" ha risvegliato un po tutti e 5 i sensi... amo gli arrangiamenti, il mix stilistico e quel richiamo agli anni 50', unito alle influenze musicali posteriori... è stato per me, musicalmente parlando, l'album perfetto cascato nel momento perfetto: dopo questa ventata di aria vecchia (ma molto molto fresca) mi sono sempre più aperto al Jazz e al Blues scoprendo tanti mondi nuovi prima inesplorati.
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