Il lupo, considerato in epoche antiche un formidabile predatore ed adorato presso molte culture animiste come l'essere intermediario tra l'uomo e le forze naturali e primordiali, subisce, nel periodo medioevale, una sorta di processo di demonizzazione e, in occasione della caccia alle streghe e delle persecuzione dei culti pagani, diventa il simbolo del male e dell'istintiva malvagità insita nell'essere umano.
Si afferma così la convinzione dell'esistenza di una sorta di "melanconia celebrale", un disturbo psichiatrico che, nelle notti di plenilunio, porta alcuni individui ad assumere le sembianze del lupo, a vagabondare per i boschi macchiandosi di azioni malvagie ed efferate e, una volta terminata la crisi, ritornare alla normalità senza avere memoria di quanto commesso. Ritenuti, con l'affermarsi della religione cristiana, adoratori del demonio, i licantropi, o pittosto i poveri malcapitati presunti tali, sono stati temuti e perseguitati, diventando simbolo di pulsioni primordiali e perversi e catalizzatori di paure collettive. Il tentativo cristiano di arginare ed eliminare le culture popolari d'estrazione pagana porta alla comparsa di una serie di santi guaritori ini azione conn lupi mansueti (vedi S. Francesco d'Assisi o S. Domenico).
Priva di una letteratura di riferimento e frutto dell'intrecciarsi nel corso dei secoli di leggende e canti popolari, la vicenda dell'uomo lupo fa la sua prima comparsa nelle sale cinematografiche negli anni '40 e, dopo una serie di variazioni sul tema, giunge ora nelle sale questo remake che, senza troppe pretese ed aspettative, ne ripropone la storia ambientandola nell'Inghilterra di fine '800.
Ambientato nella brughiera inglese, con lo sfondo di nebbiose notti di luna piena e con una buona dose di flussi ematici, arti mutilati e sbudellamenti vari, il film offre una sorta di connotazione psicologica alla narrazione già più che nota, proponendo una serie di spunti interessanti: la rilettura del complesso edipico, una maledizione che condanna una famiglia a fare i conti con le zone più oscure dell'essere, la psichiatria punitiva di fine XIX sec., il rapporto amletico fra un padre trincerato nel suo segreto e un figlio, eroe romantico sull'orlo del precipizio, intrappolato in una sorta di immobilità luttuosa. L'inserimento dell'ispettore di Scotland Yard Abberline, che aveva indagato sul caso di Jack lo Squartatore, innesca una sorta di contaminazione tra la realtà e l'icona fantastica.
Peccato che, forse per l'eccessiva fedeltà all'originale o per la durata striminzita, questi rimangano solo degli spunti, senza che nessuno venga compiutamente sviluppato. Tutto procede abbastanza velocemente senza innescare nello spettatore nè timore, nè inquietudine, anzi il tentativo di spaventarlo è affidato spesso a espedienti alquanto prevedibili.
Carico i commenti... con calma