Me lo ricordavo così. 

Cappellino di lana blu, jeans slavati con una semplice maglietta nera. Era schivo, sempre in background sulla scena a lato di Guy Picciotto e Brendan Canty, ora front man di sé stesso, con 44 anni sulle spalle e con una umanità che ti travolge per semplicità. Ha la febbre, ma ha una gran voglia di esprimersi, di presentare i suoi nuovi pezzi del lavoro di prossima uscita a fine Novembre (si intitolerà "Nothing is Underrated") e proporre anche i pezzi del disco di esordio "There to here", uscito per la Dischord nel 2006 dove era accompagnato dagli amici/compagni di una vita che per una volta si mettono dietro (lo stesso Guy Picciotto, Ian MacKaye Amy Farina quest'ultimi già insieme negli Evens e alla console il grandissimo Don Zientara, fonico dei Fugazi).

Joe ama l'Italia da decidere di fermarsi in quel di Roma, dove conosce gli Zu, intraprende con loro un tour quest'anno e oggi lo ritroviamo alla Casa con un batterista davvero straordinario quale Gioele Pagliaccia e Dave Stone ex Melvins alla chitarra e rumori.

E' un concerto intimo, vagamente Slintiano sotto certi aspetti, linee di basso semplici, una batteria suonata con una maestria incredibile e inserti chitarristici mai gratuiti. La voce monotono forse lascia un po' perplessi, ma Joe è così, è un menestrello che vuole raccontare storie, la povertà delle favelas argentine o il suo urlo alla guerra. Il pubblico rimane davvero sorpreso da come si possa esprimere tanta energia, ma stando sempre in punta di piedi come un ospite timoroso. Un'ora e un quarto di emozioni pure, con su tutti Gioele Pagliaccia che con un semplice set di gran cassa, charleston, un ride e rullante, lavorando solo sulle chiavi di accordatura di quest'ultimo e sui ferri ricorda, in modo incredibile i Soul Coughing. Un vero genio. Dave Stone invece sembra il fratello nerd di Thurston More: occhiali spessissimi, pantaloni a sigaretta. Nulla a che vedere con i suoni potenti dei Melvins, si limita a fornire solo inserti.

Un'esperienza aperta quella di Joe, che riesce a far convivere l'incrocio avant gard jazz core degli Zu, con Dale Crover e chissà in futuro cos'altro. I Fugazi facevano musica solo per il piacere di suonare. E' questo ciò che rimane di quell'esperienza e mai dichiarata finita. Per ora Joe ci lascia, senza alcun amarcord. Chiude questa serata tra amici, in mezzo a 40 persone, con l'antimilitarista Sons and Daughters, solo con la sua voce non microfonata.

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