Qualcuno, forse qualcosa, lo guardava.

Se lo sentiva fastidiosamente addosso quello sguardo, proprio come il sudore sulla camicia oramai divenuto un tutt‘uno con la pelle. Uno spiare furtivo, misto tra rabbia e curiosità, per uno straniero che aveva incautamente invaso il suo territorio. Jack si passa una mano sulla fronte per poi salire veloce sui pochi capelli rimasti ancora in testa, mentre osserva il nulla in una notte pigramente illuminata dalla storta e sbieca luce di una luna malata. Masticata dalle nuvole e graffiata dai nudi rami della fitta boscaglia. 

Oggi non è proprio giornata, pensa, mentre dà l’ultimo deciso colpo di badile e fa cadere con sonoro tonfo il contenuto del lenzuolo macchiato. Rimbomba ed il rumore penetra e rimbalza lontano, di tronco in tronco tra gli alberi silenti, nemmeno sfiorati dal vento. 

- “Certo che tu“

Il coltello è già in mano a Jack, che si gira di 180 gradi con movimento da cestista professionista facendo perno sul piede sinistro per prendere velocità e forza nell’ormai imminente affondo.

- “Dicevo“, mentre si allontana di un passo schivando in sicurezza il colpo. “Certo che tu, Jack, li sai proprio nascondere alla grande i cadaveri! Per non parlare poi, di come sai riconoscere le voci degli amici”.

- “Cristo santo, vaffanculo! Non avevi detto che ci saremmo visti domani? Cazzo, che paura assurda! Non ho più l’età, ma lo sai quanti anni ho?” - gli urla mentre si lascia cadere a terra ansimante, non più sorretto dall’adrenalina.

Una fumata densa gli copre il volto. Con ampio ghigno da alligatore gli si avvicina e chinando la testa sussurra “Beh Jack, la tua età non la so, ma così a occhio e croce direi che un paio di anni te li ho appena fottuti!”

Un sibilo interrompe le risa e le loro vite.

Qualcuno, forse qualcosa, li guardava.

Il racconto è uno sprint: partenza, scatto e arrivo devono essere perfettamente combinati, uniti ed oliati se si vuole fare breccia in chi legge. Le parole? Scelte in modo quasi maniacale per non parlare delle descrizioni, soppesate con artigianale cura per riuscire a rendere al meglio personaggi ed ambientazioni nelle poche pagine messe a disposizione. Colpire rapidamente, quindi, e poi concludere senza tanti ghirigori.

Lansdale scrive in un modo divino. Sporco come una latrina di periferia non pulita da mesi, ruvido e grezzo, ma al contempo così scorrevole e naturale da lasciarti sempre piacevolmente appagato mentre leggi. Appena ho visto sugli scaffali “Altamente esplosivo” l’ho preso senza badare nemmeno al prezzo. I 10 racconti che la pubblicità mi ricorda essere inediti sono diventati una tentazione alla quale non ho cercato nemmeno di resistere strisciando il bancomat.
Anche negli spazi stretti Lansdale si sa muovere con estrema disinvoltura ostentando capacità narrativa fuori dall’ordinario. L’ho trovato addirittura più a suo agio; rispetto al romanzo, intendo. Come se fosse questo lo stile letterario che predilige maggiormente e che, per motivi economici, ha accantonato quasi a malincuore. In alcuni casi è la storia che piace e prende il sopravvento sul resto con pieghe impreviste ed accelerazioni di sicura presa. Descrizioni capaci di rimanerti impresse come una bella fotografia, grazie alla cura per i particolari e quel linguaggio che sembra una telecamera che riprende la strada. Personaggi profondi e vari che si crede di conoscere in pieno quando si passa al racconto successivo.

Nelle avventure di Hap e Leonard sai già come va a finire: solitamente un paio di semicurve dopo il rettilineo iniziale. Leggi di gusto soprattutto per il suo già citato stile, sarcastico e affabile, ed i magnetici protagonisti che ha creato. Qui, invece, in un numero di gettate d’inchiostro inferiore ci sono più sfaccettature dell'autore. Western certamente, per parlare del suo amato Texas e del suo pessimo cibo, ma non solo. Fantascienza, horror e thriller per 200 pagine e poca mancia residua.

Ve lo indico là. Mi sembra sia un solido appiglio per conoscere Lansdale. Sempre che non lo abbiate già fatto.

Ilfreddo

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