Quattro ragazzi vanno all’Orbit: il più grande Drive In del Texas, forse del mondo, per un venerdì sera fatto di film dell’orrore con effetti speciali da galera, snack, bibite gassate e senza disdegnare, se dovesse bussare al finestrino, un po’ di sesso occasionale. 4000 persone la pensavano circa allo stesso modo mentre contribuivano a creare le gigantesche spire al di fuori dell‘immenso parcheggio dotato di sei maxischermi che si perdevano nel cielo cremisi di un tramonto estivo. Alcuni di loro si stavano pure incazzando per il tempo perso, ignari del fatto che quella sarebbe stata la loro tomba! Le alte sfere, infatti, avevano deciso forse per scherzo, forse per tedio, di trasformare le esistenze dei malcapitati mangiapopcorn nel peggior film di serie B mai partorito che comincia con l'arrivo di una cometa che si fotte il cielo.

Se conoscete Joe R. Lansdale è probabile che lo abbiate sfogliato in alcune delle gesta della divertente coppia di detective Hap Collins & Leonard Pine. Lo stile narrativo è lo stesso, temporalmente infatti si colloca vicino a “Mucho Mojo”, ma il contenuto è infinitamente più estremo, dissacrante e, non lo nego, pesante; a tal punto che vi consiglio di addentrarvi nella lettura possibilmente a stomaco vuoto. Poche le battute sarcastiche, oppure semplicemente è la loro resa sul lettore che è smorzata da un ambiente apocalittico, fatto di cannibalismo e animalesca legge del più forte nella lotta per la sopravvivenza. Il distacco con la realtà è repentino per un lavoro apparentemente assurdo e da camicia di forza che vede emergere prepotente, tra gli altri, un "re" che nutre i suoi sudditi vomitando, sì vomitando, popcorn. Vomitocorn.  

Nella seconda parte usciremo dall'Orbit per poi ritornarvi nel finale e fare la conoscenza con un personaggio inquietante, (un assassino in fuga nella vita prima del passaggio della cometa), e tragi-comico che al posto della testa ha un televisore. Ma in un contesto che vede dinosauri passeggiare, foreste piene di pellicole taglienti, strade che mutano percorso diventando dei loop. in tale contesto, dicevo, un tizio con una TV al posto della faccia non sorprende poi troppo. Lo so, sembra che abbia preso una manciata di parole da un vocabolario e l’abbia gettata nello schermo, ma tant’è.

Un’altra notevole differenza con i romanzi della collana di Hap & Leonard consta nel fatto che in tutto questo apparente e gratuito delirio c’è paradossalmente molta più sostanza e profondità rispetto agli spassosi e magistrali resoconti dei due cazzuti detective fai da te. E’ innegabile che le trame siano spesso solo degli ottimi pretesti per scrivere dannatamente bene noir ambientati nell’amato Texas orientale; terra natia dell‘autore. Ne "La notte del Drive In", invece, Lansdale è a mio modo di vedere magistrale nel descrivere il ritorno all’istinto animale dell’umanità capace di spazzare sotto il tappeto regolamentazioni legislative centenarie in un lasso di tempo irrisorio. Stupri, cannibalismo, ritorno allo scambio, al baratto violento, con il sesso come unica merce. Il passato svanisce come se qualcuno avesse accidentalmente strattonato troppo il tappo di una vasca da bagno. I più sentimentali ed irremediabilmente attaccati al mondo "pre-cometa" trovano una via di fuga, l’unica, nel suicidio. Qui, nel darwinismo più puro, c'è spazio solo per chi si adatta nel minor tempo possibile. L'autore mantiene fino alla fine del racconto l'elemento della speranza, ma il sapore è quello amarognolo dell’ottusità: una cosa ridicola, per quanto comprensibile per degli animali irrazionali totalmente incapaci di godere del presente. E così, con un sarcasmo immenso, il libro termina con un geniale “cavalcò verso Ovest e andò tutto bene!”: uno di quei finali strappati da un film melenso di Hollywood e cucito impropriamente su questa storia con catarro e sangue.

E’ un’opera di una ferocia assassina, un cinismo spietato. I protagonisti progressivamente perdono la loro umanità, si induriscono come granito, e capiscono l’inconsistenza di un piano celeste e che la vita, specialmente la loro, altro non è che un giro di giostra. Alcuni personaggi sono più restii ad ammetterlo, ma alla fine tutti convergeranno nella rasoiata che Lansdale regala ai suoi lettori descrivendo un ipotetico Dio come... “Una sorta di Jack lo Squartatore celeste, capace di promettere a noi, le sue puttane, ricompense con una mano mentre con l’altra stringe un pugnale ben affilato, per squartarci meglio“. (cit.)

A distanza di anni lo scrittore texano ha scritto anche una terza parte. Sinceramente ve la sconsiglio: appesantisce il tutto, aggiungendo poco e rischiando di far affondare un’opera che a mio parere non aveva bisogno di ulteriori forzature e deliri.

Queste storte righe vengono tiepidamente dedicate all’esimio de-utente Popcorn Shooter: se questo non è un libro adatto al Suo nick name mi sciolgo e mi vedrò costretto a recensire a 5 stelle “Cuore” e “Tre metri sopra il cielo”.

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