- No dai! Cazzo, dimmi che stai scherzando, vero? Non vedi che quella clava ha più curve di Brigitte Bardot? Se lo tiri ti torna sulla nuca, garantito. Non credo ci voglia una fottuta laurea in botanica per capire che serve qualcosa che assomigli ad una linea retta: o vuoi che venga su come un cavatappi storto e arrugginito? -
- Cos’è, non hai scopato stanotte? Se lo guardi nel suo insieme, da lontano, è quasi dritto perché le sue “curve” si compensano alla grande. Ok, lo ammetto, non sarà un legno convenzionale ma a me piace e poi, caro il neobotanico dei miei coglioni, ricordati che le piantine sono mie e questa qui, in particolare, imparerà ad arrampicarsi o morirà. Fidati. -
Il cielo sanguina di un tramonto da passare ai posteri mentre nuvole si interpongono agli ultimi raggi di sole diventando piccole pecore color rosso tango; cadute, inciampate accidentalmente, in un secchio di vernice ancora fresca. Rimangono lì, colorate e sospese, anche quando il grande cerchio splendente va, giù dietro le montagne. Rincasa e butta un’occhiata alla pianta strana; l’unica che ha voluto piantare. Negli anni chissà come viene su, la stronza, forte, rigogliosa ed ovviamente incasinata. Atipica. Un unico grande garbuglio multicolore, una contraddizione, un gomitolo di foglie e rami, la borsa di Mary Poppins nella quale chissà cosa cazzo ci potresti trovare dentro se solo ci ficcassi una mano.
Hap & Leonard. Bianco, liberal, etero e fondamentalmente romantico il primo; carbone, gay, cinico e repubblicano il secondo. Culo e camicia; diversi ma inseparabili amici. Giustizieri fai da te. Rangers che a cavallo di pick up scassati scorrazzano nel Texas: per spaccare un po’ di culi e portare la personale visione della giustizia in questo mondo che va alla deriva. Come le loro vite. Senza fretta, aspettano che gi eventi cadano addosso. Li affrontano con l’umorismo nero da spacconi tipico dei supereroi che si credono, e forse lo sono, invincibili. Insomma senza menarla per le lunghe Hap si stava spaccando la schiena sotto un sole cocente nei campi per qualche monetina all‘ora, Leonard riprendendosi dall’ultima avventura che lo aveva reso claudicante. Per caso si trovano fra le mani una casa in eredità sotto le cui assi comincia la corsa per cercare l'assassino che con cadenza annuale fa scomparire un bambino di colore...
I due formano la scacchiera, il campo da gioco, la colonna, il pezzo di legno sul quale la storia, si arrampica e si contorce nelle veloci 300 pagine che compongono “Mucho Mojo”. Un giallo dovrebbe avere nella caccia al killer, il suo cazzo di propellente. La trama è invece mediocre; un ramo non troppo robusto della piantina cui sopra nel quale si parla di razzismo e fanatismo religioso. Il colpevole, tuttavia, si intuisce immediatamente e la suspance è ridotta ai minimi termini. Ma Lansdale non è un coglione incapace di trovare un filo sufficientemente ingarbugliato o di piazzare un paio di bei diversivi per far sì che il finale ci faccia scappare un: cazzo non me l‘aspettavo proprio!!!
Ovviamente non è questo il suo fine. Lansdale usa le storie di Hap & Leonard come scusa, per parlarci del suo Texas che adora. Ne sente la necessità ed inoltre, come ha scritto nella prefazione, l’autore ci si specchia nella figura di Hap. Un duro dal cuore tenero. E da narciso, ne racconta le gesta. Mucho Mojo è una pianta con tante storie, rami che in alcuni casi si intrecciano con il caso da risolvere, talvolta la sfiorano soltanto o ne fanno da mero contorno per sbucare in un gustoso ed appagante vicolo cieco.
Leggi e ti sembra davvero di essere lì con loro sull'altalena cigolante ad osservare i colori di albe e tramonti in questa landa desolata; nel terzo mondo degli U.S.A. dove il razzismo, perfino verbale, è tutt‘altro che domato. Sfogli i minicapitoli e senti la polvere addosso alla pelle sudata per un‘estate afosa e senza vento, poco dopo sei in mezzo a un temporale che non sembra avere fine. Le zanzare sono lì che ti ronzano attorno, le assi di legno stagionato le vedi curvarsi sotto il peso degli stivali. E l‘odore di quei pidocchiosi e nauseabondi biscotti alla vaniglia inzuppati nel caffè non ti lascia mai. Le torte alle mele appena sfornate ti invitano a fare la conoscenza di una raggrinzita vecchietta, una birra analcolica di un attaccabrighe e così via, all‘infinito.
Lansdale se ne fotte della storia. E’ carina, ma un modo per parlare con stile veloce, dinamico e riuscito (fatto di slang, parolacce, battute ciniche e risposte ancora più taglienti) della sua terra. Ne fotografa la sporcizia, la convivenza interraziale, i paesaggi ed i profumi in maniera magistrale.
In un personaggio assolutamente alieno al giallo che cerca con la vanga, tra una bestemmia ed un sorriso storto, la dentiera cadutagli accidentalmente nella latrina c’è tutto il Texas ed il cinico stile di Lansdale. Che mi piace un casino.
Dedicata a voi 2.
ilfreddo
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