È uscito da più di due mesi, eppure i recensori e colleghi di deBaser non hanno recensito questo ultimo capitolo della musica di Satriani.

L'eroe della sei corde (ultimamente ci scappa qualche brano con la sette corde) ci regala un'ora scarsa di nuovi brani. E dire buoni è abbastanza esagerato perchè in questo "Super Colossal" non troverete nulla di esaltante, soprattutto nulla, ma nulla di originale.

Infatti sembra che il buon Joe si sia adagiato sulla formula non eccelsa ma vincente dei suoi ultimi due lavori, parlo di "Strange Beautiful Music" e "Is there love in space?". Suoni simili, uso simile degli effetti e nessuna innovazione stilistica. L'unica cosa che potrebbe colpire è forse l'attitudine ad una composizione di getto, quasi improvvisata, che permea tuto l'album.
Non manca l'energia, nè la melodia, ma manca quel guizzo di genialità a cui Satriani ci abituava in tempi passati. Parte il disco con la discreta e rockeggiante "Super Colossal". Niente di esaltante ma godibile, con il solito riff ripetuto più volte e con un assolo di indubbio gusto e tecnica. Dunque il solito pezzo alla Satriani. "Just Like Lightning" invece gioca con sonorità più blueseggianti con un assolo dall'inconfondibile wha-wha, ma il pezzo non mi rapisce più di tanto, anche se ci sono parti di effetto.

"It's so good" è simpatico come brano, molto ritmato e trasportante ma mi sembra troppo standard per uno come Joe. Joe sembra scappare proprio da ciò che lo ha contraddistinto nella sua carriera, ma questa apparente fuga non fa altro che riportalo al solito brano che seppur godibile non fa altro che ripetere quanto Joe abbia già detto in passato. "RedShift riders" non mi dice davvero niente, e mi lascia con l'amaro in bocca, mentre un dolce brivido me lo regala "ten Words". Nulla di nuovissimo: è la solita ballad che Satriani piazza nel disco, ma quant'è bella! Sentimento che traspare da ogni nota, bending o altro. Pregevole.
La successiva "A Cool new way" invece non ripete le emozioni precedenti e cade nel mio dimenticatoio anche perchè dotata di una durata veramente fastidiosa. Invece "One robit's Dream" mi ricorda in modo eccellente i brani di "Engines of creation". Ed è un bel ricordo, questo è davvero la seconda perla del disco. "The meaning of love" ricalca i sentieri battuti da altre ballad più famose di Satch, senza infamia nè lode. Non succede quasi niente più nel disco: i seguenti brani si articolano nel solito standard di Satriani: il solito riff rock e melodico (Theme for a strange world) e l'ennesima ballad (A Love eternal). Ma il disco chiude però in maniera inaspettata: mi aspettavo un finale lento, mentre eccomi di fronte un altro gioiello: "Crowd Chant" è sublime. Sembra Mission Impossible, in sottofondo un'arena che canta e il brano esplode. Veramente stupendo. Non è assolutamente un ritorno alle origini, nessuna novità, nessuna innovazione.

La solita solfa, ben fatta, e suonata, con meravigliosi alti e bassi che non regalano niente, ma proprio niente.

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