Il quadriennio 2007-2010 è stato senza dubbio il più produttivo per i fratelli Coen. Il terzo lavoro in 3 anni, dopo il western postmoderno di Non è un Paese per Vecchi e la parodia di spy story di Burn After Reading è un ulteriore cambio totale di genere ed ambientazione. A Serious Man è per la prima volta un film drammatico senza gli influssi noir che avevano fatto in passato la fortuna del duo. E' anche un film in cui i due fratelli riversano una parte della loro vita: sia perchè è ambientato a fine anni '60 a St. Louis Park, città natale dei fratelli e periodo storico in cui i due erano bambini, sia perchè tutte le tematiche, gli avvenimenti e a volte il linguaggio del film è a sfondo ebraico, religione d'origine della famiglia Coen.
La pellicola ci trasporta nelle due settimane più turbolente, quasi fantozziane, della vita di un professore di fisica, Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg): è un periodo molto importante perchè il figlio Danny deve fare il suo bar mitzvah, e inoltre aspetta una agognata promozione in ambito lavorativo, ma tutto sembra andare a rotoli: i figli gli rubano costantemente soldi, il fratello Arthur (Michael Stuhlbarg) abita stabilmente in casa e ha problemi con la giustizia, uno studente coreano tenta di corromperlo per ottenere una sufficienza e lo accusa di diffamazione e come se non bastasse la moglie Judith (Sari Lennick) lo lascia per un amico di famiglia, Sy Abelmann (Fred Melamed) e oltre a volere il divorzio lo caccia di casa. Venute meno le certezze di tutta una vita, Larry cerca di trovare una spiegazione nella religione e si rivolge a 3 rabbini, con risultati tutt'altro che positivi. E anche quando le cose sembrano volgere per il meglio, ci sono guai sempre più grossi in vista.. L'unica certezza nella vita è l'assenza delle certezze, così come spiegato maticamente dal principio di indeterminazione di Heisenberg (tanto caro ai Coen) che il protagonista spiega in una scena. Larry Gopnik è la rappresentazione moderna del biblico Giobbe, il giusto che soffre senza colpa; è un ulteriore esempio dell'anti-eroe coeniano, ma con una notevole differenza: mentre il Drugo, Ed Crane o Llewelyn Moss si "mettevano nei guai" da soli, Larry ha tentato per tutta la vita di seguire la strada della rettitudine e del buon senso, di essere un uomo serio, e sa di non aver mai fatto nulla di male (come afferma più volte nel corso del film); è il Caos che lo ha preso di mira con una serie di sventure improvvise e tragicomiche, e crede che il suo Dio lo abbia messo alla prova, ma senza capire cosa fare per uscirne. I rabbini, come tutte le altre manifestazioni del mondo ebraico, dalla scuola yiddish al bar mitzvah, sono il tramite attraverso cui i due fratelli ci danno la loro opinione sulla religione: vuota, incapace di aiutare l'uomo e ridotta solo a una serie di pratiche fini a se stesse. Il tono goliardico dei Coen viene fuori attraverso il personaggio di Danny (nella cui trasgressività alle regole forse hanno messo anche una parte di loro stessi) che affronta il bar mitzvah, dopo essersi fumato degli spinelli, in una scena tra l'allucinato e l'onirico, o che passa le ore a scuola ascoltando i Jefferson Airplane. I rabbini a cui Larry si rivolge sono l'apoteosi dello screditamento della religione che i Coen compiono, dediti solo a usare metafore astruse o racconti inutili, buoni solo a confondere ancora di più Larry. E come non definire geniale il colloquio che Danny avrà con il rabbino anziano, le cui virtù vengono lodate più volte nel corso del film, e da cui lo spettatore aspetta solenni verità: quello che dirà non è altro che "Quando la verità si scopre essere falsità, e tutta la speranza se ne va...Cosa si fa?" (ripresa dai primi due versi di Somebody to Love dei Jefferson Airplane), seguito da un laconico "Fa il bravo".
Il film presenta molti altri riferimenti ebraici, come sotto il piano musicale e sotto quello degli espedienti di trama, tra cui "il racconto nel racconto" tipico delle fiabe yiddish e usato dal secondo rabbino; inoltre il film si apre con un prologo, una fiaba yiddish slegata dal resto della storia, ambientata in Polonia in un'epoca imprecisata; è una dedica allo scrittore ebraico Isaac B. Singer. Il film sembra tornare agli esordi del tuo, con ambientazioni poco ricercate, attori semi-sconosciuti e ritmo medio-lento. Ottime le prestazioni degli attori, i loro dialoghi così normali e comici (Woody Allen è un paragone scontato quanto esatto), in particolare la prova del protagonista, e ottima anche la fotografia che da una patina grigiastra a tutta la pellicola, che ben si sposa con la mediocrità della vita della periferia americana che viene tratteggiata. 
Un gran bel film, meno spumeggiante e senza situazioni che restano immediatamente in memoria, ma anche meno commerciale e mainstream dei precedenti, carico di significati e riflessioni molto profonde, denso di un nichilismo che non può non toccare le corde anche di chi non ha fede, o non cerca di essere un uomo serio.  VOTO = 7 

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