Dopo più di 10 anni di onorata quanto coerente carriera, anche per i Coen arrivò il momento del riconoscimento più ambito, l'oscar: Fargo, del 1996, sesto lavoro del duo, vinse 2 premi per la miglior sceneggiatura originale e per la migliore attrice a Frances McDormand, oltre ad altre 5 nomination (tra cui miglior film e miglior regia).
Niente di più meritato, perchè Joel ed Etan erano in uno stato di grazia, la pellicola trasuda stile, temi e attori al 100% coeniani, un lavoro maturo in cui ogni tassello è al suo posto.
Joel ed Ethan, dopo la megaproduzione hollywoodiana di Mister Hula Hoop (che fu però un flop al botteghino), decidono di tornare ai loro primi amori, la provincia americana e il noir, definito "in bianco" data l'ambientazione (ma le situazioni che si vengono a creare ci faranno scappare più di qualche risata).
Jerry Lundegaard (William H. Macy) è un debole e insicuro venditore di oldsmobile di Minneapolis, ha una moglie, un figlio e un suocero ricchissimo e invadente, ma nonostante ciò è in cattive acque. Per racimolare soldi mette in atto tutta una serie di raggiri e truffe, il più audace dei quali prevede un finto rapimento della moglie, con un riscatto da far pagare al suocero. Per far questo assolda 2 sicari, l'algido e silenzioso Gaear Grimsrud (Peter Stormare) e il "curioso" e logorroico Carl Showalter (Steve Buscemi) a cui promette una parte del riscatto. I 2 rapiranno la donna ma lasceranno alle loro spalle una lunga scia di sangue. Sulle loro tracce si metterà Marge Gunderson (Frances McDormand), poliziotta incinta ma non per questo non all'altezza del compito.
Facciamo per prima cosa una notazione di carattere tecnico: i 2 fratelli hanno voluto avvicinarsi quanto più possibile allo stile documentaristico, con lunghi dolly dall'alto e riprese sia negli esterni che negli interni senza luci artificiali. La freddezza dietro la macchina da presa ben si sposa con le lande innevate che fanno da sfondo alla vicenda. La volontà sfocia quasi nello studio sociologico in quanto sia gli ambienti, gli oggetti e l'accento dei personaggi (fu addirittura assunto un trainer) è quello tipica del midwest (che i 2 conoscono bene essendone originari). Ad aggiungere verosimiglianza dovrebbe essere la scritta iniziale, che ci informa che i fatti descritti sono realmente accaduti, quando così non è perchè, nonstante i 2 fratelli abbiano preso spunto da veri fatti di cronaca, la trama è totalmente fittizia. Il film presenta quindi una cornice metanarrativa: lo spettatore, portato a credere che sia tutto vero, accetta l'assurdità e il grottesco della trama, è confuso tra realtà e finzione, anche perchè spesso accade che fatti veri sembrano più incredibili di quelli inventati.
Lo sguardo cinico verso la società middle-class americana, già espresso a partire da Blood Simple, viene fuori in tutto il suo pessimismo nella pellicola: Jerry e il suocero Wade sono attaccati più ai soldi che alla vita della moglie, Gaear uccide a sangue freddo per questo e non è neanche in grado di portare avanti una discussione, Carl potendo sperpererebbe tutto il malloppo in sesso facile. La meschinità delle persone, nascosta sotto l'apparente e rassicurante normalità, viene lasciata libera di compiere i suoi efferati gesti. L'etica è completamente assente da questo gironte dantesco, sembra che non ti puoi fidare neanche di tuo marito, e quando a questa mancanza si unisce la casualità e l'inefficenza il risultato è un esplosivo cocktail di violenza senza motivo, slegata da cause razionali; scorre molto sangue lungo le lande innevate, ma neanche i diretti interessati sanno darne una spiegazione, presi come sono dalla corsa frenetica alla ricerca del denaro. Tutti sono ormai assuefatti alla violenza: Gaear in particolar modo è impassibile sia che veda una telenovelas alla TV sia che debba sparare a degli innocenti.
Chi invece va a velocità notevolmente ridotta ma riesce a differenza degli altri a raggiungere i suoi obbietti è Marge, l'unico protagonista, insieme al marito Norm, a elevarsi sopra la meschina bassezza morale dilagante: la loro è una vita semplice, fatta di piccoli amorevoli gesti quotidiani; nel suo lavoro da uomo Marge utilizza tutto ciò che manca agli altri, buon senso e logica, ma allo stesso tempo non è sprovveduta, riuscendo a capire il pericolo che si cela anche nei vecchi amici come Mike Yanagita. Nonostante questo, anche lei non ha uno sguardo completo sugli eventi e non riesce a capire tutta l'insensatezza e la violenza. Nella poetica scena finale dirà a Gaear:
"C'è più nella vita che 4 biglietti di banca. Ed eccoti qua (ammanettato nella macchina della polizia). Ed è una giornata così bella. Io proprio non capisco.."
Così come nel già citato Blood Simple solo lo spettatore ha la visione completa degli eventi e a poter rispondere alla domanda di Marge.
Di pari passo con il cinismo dei registi aumenta il tono sarcastico e comico dei registi. L'inettitudine di Jerry e la scarsa serietà dei 2 rapitori, inseriti nel contesto drammatico della trama, non possono che essere esilaranti; i Coen si divertono a mostrarci momenti che stonerebbero in un tipico noir, come le prove da attore che Jerry fa tra sè e sè per trovare il tono migliore per avvisare il suocero del rapimento, o i continui battibecchi tra Gaear e Carl, quasi "tarantianiani" per quanto squallidamente comuni, fino al truculento finale in cui il piede di Carl spunta fuori da un trituratore per legno.
E' un film in cui torna più di un topos coeniano, il rapimento di Arizona Junior, il cinismo di Blood Simple, la violenza di Crocevia della Morte, ma tutto è portato ad un livello superiore, un punto di arrivo ma allo stesso tempo di partenza per i 2 registi; non a caso lo stesso concetto filosofico è alla base di Non è un Paese per Vecchi, che può essere visto come una versione "anziana" e spostata dalla neve al deserto di Fargo.
VOTO = 9
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