Il cacciatore, l'esploratore Daniel Boone, un anno prima della dichiarazione d’inpendenza statunitense dall’impero britannico, attraversa gli Appalachi: la catena montuosa che separava le 13 Colonie dal territorio di frontiera andando ad occupare, seppur per un solo anno, lande sconosciute e perigrose nel Kentucky. Possiamo dire che nascono qui i semi del genere western. Non è che George Washington fosse proprio contento perché questo "selvaggio bianco" aprì la strada per sanguinose e costose guerre di conquista che i padri fondatori certamente volevano compiere ma, no, non così in fretta. Terre sconfinate e ignote, vita grama e sopravvivenza prima di tutto per cercare di avere la meglio sulla morte sempre affamata di carne fresca. E proprio la morte è la protagonista, il tratto che unisce i puntini de “La Ballata di Buster Sgruggs”, ultima opera dei fratelli Coen.

Cammina spavaldo e sicuro di sé; il passo di chi mai è caduto e che pensa che così sarà per sempre.

Fottuto, senza più alcuna speranza apparente. Un aiuto insperato lo fa rilassare per un secondo; crede quasi di avercela fatta.

Un frutto succoso. Gettato e calpestato quando non v’è infine più nulla da spremere.

Il lavoro di una vita, l’unica occasione e no, non v’é alcun viscido bastardo, che gliela potrà strappare. Non stavolta.

Dopo tanta sofferenza la normalità, un anelito di felicità ti può dare alla testa. E farti sbagliare.

In queste lande può persino capitare che non te ne rendi nemmeno conto.

Un magistrale e unico western sulla frontiera americana scritto in sei episodi eterogenei che variano dalla commedia, al dramma alle atmosfere cupe di Poe per un’opera che annovera tra i suoi interpreti Liam Neeson, Tim Blake, James Franco e Tom Waits. Dialoghi di qualità superiore, sceneggiatura originale e fotografia di livello che purtroppo non si è potuta apprezzare a pieno in una sala.

Due ore e passa di grande cinema da vedere per una volta in tv su quella piattaforma là che conosciamo tutti. Ve lo consiglio.

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