I fratelli Cohen sono un'istituzione del cinema contemporaneo e loro lo sanno bene. Ogni loro film è atteso dalla critica e puntualmente sbanca al botteghino ammaliando il pubblico affamato di buon cinema. Già, perché tutto si può dire dei Cohen tranne che non siano degli assoluti professionisti per quel che concerne il citazionismo, la capacità di far ridere e graffiare con il loro humor nero, la regia curata unita ad un casting di tutto rispetto capace di esaltare sceneggiature quasi sempre ispirate e piacevoli. Ancora una volta esco dal cinema soddisfatto. Magari non come quando vidi "Fargo", "Il Grande Lebowski" e anche l'ultimo "Non è un paese per vecchi", ma comunque contento della loro nuova opera.

I motivi risiedono nel fatto che il film ha grande ritmo e, con una storia volutamente assurda (la quale punta principalmente a ridicolizzare le opere cinematografiche incentrate sui temi di spionaggio), riesce ad inchiodare lo spettatore alla poltrona anche grazie ad un minutaggio complessivo molto asciutto. Man mano che le brevi scene incalzano e che l'immenso puzzle si compone è d'uopo domandarsi dove ci stiano portando i fratelli Cohen. La risposta è apparentemente una: da nessuna parte, fine e titoli di coda.
Ma in mezzo a tutta questa comica e grottesca spy story c'è anche la ricerca dell'amore che accomuna gran parte dei personaggi i quali a loro modo cercano la felicità hollywoodiana di coppia tramite le tristi pagine del web. C'è il timore di perdere l'amore e la speraranza di conoscere davvero la persona con la quale si ha deciso di vivere perché la mannaia del divorzio è dietro l'angolo. Quel "cresci, prima o poi capita a tutti" ha il sapore di una risata amarissima.

E oltre a questo c'è la lotta ossessiva all'incedere del tempo; la chirurgia, le corse di chilometri per bruciare adipe e restare belli e poter fare sesso a mo' di malattia. Tutto ciò e non solo viene fotografato con rasoiate di humor nero ed inquadrature che si fermano come al solito ai particolari, agli sguardi (chiodo fisso dei Cohen) ed alle manie dei singoli protagonisti.  
Insomma un film incasinato come pochi senza un vero protagonista, ma tante situazioni reali estremizzate che rendono il tutto assurdo. Assurdo come il cd che fa iniziare il tutto e porta alla morte di 3 persone. L'ebete palestrato (Brad Pitt) vince la sfida contro l'affabile puttaniere George Clooney interpretando in maniera perfetta il vuoto assoluto di un cervello in perenne stand by grazie a sguardi da cespuglio che rotola nel deserto. Malkovich si tuffa di testa nell'interpretazione di un uomo sul punto di vesuviare la propria frustrazione in seguito al licenziamento e agli inconcepibili ricatti di un'ottima McDormand pronta a tutto pur di tornare bella. Anche a finire all'ambasciata russa 15 anni dopo la fine della guerra fredda.

Un minestrone con molti condimenti magistralmente cotti e serviti. Buono, ma di minestrone si tratta.      

3 e mezzo

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