Da ieri rilasciato su Apple TV dopo una lunga attesa, il Macbeth (The Tragedy of Macbeth) di Joel Coen è finalmente visibile in tutto il suo splendore.
Prima di parlare del film, è d'obbligo una premessa. Per la prima volta, il maggiore dei due fratelli del Minnesota si presenta senza Ethan, che per oltre trent'anni, da Blood Simple (1984) a La ballata di Buster Scruggs (2018), ha condiviso con lui ogni creazione, ogni produzione ed ogni set. Trent'anni di progetti insieme, con cui questi due geniali autori hanno segnato la storia del cinema grazie ad opere indimenticabili e fondamentali per tutti noi.
Vedere oggi il primo film di Coen e non dei Fratelli Coen, fa uno strano effetto, e non veder più il nome di Ethan - ufficialmente non più interessato alla realizzazione cinematografica - tra i crediti, lascia un senso di malinconia.
A detta dello stesso Joel, d'altronde, questo film con il fratello non sarebbe mai venuto alla luce. È evidente, da questa considerazione, quanto per il fratello maggiore fosse importante, personale e sentito questo lavoro.
Da qui arriviamo alle considerazioni sulla nuova trasposizione della tragedia shakespeariana forse più celebre, quantomeno la più amata dai grandi maestri del cinema. Nessun'altra opera del Bardo, infatti, può contare tante trasposizioni da parte di altrettanti maestri. Welles, Polanski, Kurosawa, Tarr (ma quest'ultimo solo per la TV)... Difficile per chiunque confrontarsi con tali nomi. E dire che, personalmente, perfino il Macbeth di Justin Kurzel, peraltro risalente solo a pochi anni fa, non mi era affatto dispiaciuto. Un'esperienza visiva di non poco conto.
Ma per fare un vero confronto tra tutte queste versioni, bisognerebbe rivederle a distanza ravvicinata per cogliere ogni sfumatura che i rispettivi registi hanno donato alla vicenda di spiriti, profezie, sangue, tradimento, potere e morte del grande poeta inglese.
Nella sostanza, si tratta ovviamente di cogliere la variazione sul tema che ciascun cineasta ha desiderato mettere in scena secondo il proprio gusto estetico e la propria visione di questi personaggi divenuti archetipici, come Lord Macbeth e Lady Macbeth. Nel film di Kurzel, ad esempio, grande rilievo veniva dato al lutto della moglie del futuro Re di Scozia, che ne condiziona la psicologia e la brama di potere. Una magnifica Marion Cotillard dava vita ad una Lady Macbeth intensa e memorabile, mai così umana e struggente.
Polanski, di suo, condizionato dalla tragedia personale di Cielo Drive, dava vita ad una esperienza efferata e particolarmente traculenta e crudele. La mia versione preferita in assoluto, resta Il Trono di Sangue, in cui Kurosawa ambientava la Tragedia nel medioevo giapponese, donando quindi, pur nella sostanziale fedeltà al testo, un'originalità sicuramente superiore a tutte le altre riduzioni filmiche.
Si tratta comunque di sfumature, ed ogni differenza resta quindi relativa, ma non per questo priva di interesse o significato, anzi. Ma per me, la principale valutazione deve essere stilistica ed estetica in casi come questo. Joel Coen non è l'ultimo arrivato di certo. Il suo si presenta come un Macbeth estremamente raffinato e colto, che richiama tanto all'espressionismo tedesco quanto a Dreyer ed a capolavori come Dies Irae, senza comunque dimenticare lo stesso film di Welles.
Il fulcro, forse in questo caso più che in ogni altro, è il rapporto tra i due coniugi (Denzel Washington e Frances McDormand entrambi perfetti), e maggiore è il senso di colpa e l'esitazione iniziale da parte del generale nel tradire il suo Re, venendo così meno ai princìpi di onore e lealtà verso il proprio Sovrano.
Questa coeniana non è una versione particolarmente cruda o esplicita, anzi molto trattenuta da questo punto di vista.
L'esperienza visiva è appagante ed eccelsa.
Pur essendo l'ennesimo Macbeth in immagini, per quanto mi riguarda film come questo fanno sempre bene al cinema.
Peccato solo di non averlo potuto vivere al cinema, dove più avrebbe meritato di essere goduto.
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