“La vita è preziosa solo perché ha una fine. Voi mortali non sapete quanto siete fortunati"

Facciamo un bel salto indietro nel tempo: siamo nel 2001 e la (all'epoca) timida Dreamworks, lancia sul mercato il film che sarebbe diventata l'opera definitiva dell'animazione pop occidentale, "Shrek". Protagonista di questa irriverente fiaba, un orco, brutto e cattivo (ma solo in apparenza), che si ritrova suo malgrado a dover ricoprire i panni dell'eroe.

Un successo planetario che ha trasposto tutto il cinisimo e il linguaggio volgare della generazione millenial su pellicola, segnando un prima e un dopo. Il film vede presto l'uscita di un sequel e assume i panni della saga. Un cast che si fa più variegato e multiforme, pescando sempre dal mondo fiabesco, dissacrandolo.

Ecco, si parte da qui, da uno di quei personaggi pescati dal suddetto mondo, ovvero "Il Gatto Con gli Stivali", che per comodità, chiameremo semplicemente, Gatto.Simpatica e carismatica spalla comica, si guadagna presto una platea di fan enormi, tanto da guadagnarsi uno spin off tutto suo: il mondo fiabesco c'è, ma è appena un sottotesto per dare spazio ad un film di azione, in cui anche il linguaggio grezzo e dissacrante di Shrek, viene meno.

Insomma, ne esce una vera e propria puttanata.

Siamo nel 2011.

Passano così undici anni: un decennio che vede l'arrivo di nuove forme di animazione e un consolidamento di quel linguaggio e di quell'ironia figlie di Shrek, che nel frattempo ha assunto le tinte di una saga culto.

La botta finale arriva poi nel 2018, con la trasposizione di "Spider-Man - Un Nuovo Universo", capolavoro Marvel che porta l'animazione ad un livello superiore, pisciando in culo a tutto quello che è venuto prima.

Va bene, ma tutto questo per dire cosa?

Ci arriviamo.

Facciamo un salto veloce nel tempo e arriviamo nel 2022. Che è successo nel frattempo? Pandemia, crisi economia, fratture sociali ormai insanabili, incertezze crescenti etc. Condizioni che ci hanno ricordato la nostra natura umana, la nostra caducità e la vacuità con il quale riempiamo il nostro tempo.

Si, si, lo so: tutto già visto, tutto già detto.

Ma se queste cose le facessimo dire ad un personaggio puccioso che più puccioso non si può e lo facessimo rivolgere ad un pubblico di piccini?

"Il Gatto Con Gli Stivali - L'ultimo Desiderio".

Undici anni dopo da quel prequel puttanata, la narrazione riprende con Gatto e le sua avventure. Eroe carismatico, prode guerriero, arrogante e imbattibile: uno che, come dice lui, ride in faccia alla morte. E a ben donde, perchè il nostro può vantare la bellezza di nove vite, che però consuma velocemente, fino ad arrivare all'ultima.

La scelta più saggia, giunti a questo punto. sarebbe quella di mollare del tutto i panni della leggenda e di acquietarsi, godendosi appieno la calma placida e serafica di questa sua ultima vita.

Una scelta però inconciliabile con ciò che Gatto è, e rappresenta: un'autentica leggenda, appunto, di cui si narra e si canta e che tutti amano.

Testardo e arrogante, il nostro dovrà però fare ben presto i conti con un cacciatore di teste che vuole prendersi la sua ultima vita; un essere apparentemente invincibile, spaventoso, ultraterreno, che demolirà completamente la sicurezza del nostro protagonista, costrigendolo ad una disperata fuga.

Unica soluzione, dirigersi in un luogo magico, nel quale vi è la possibilità di esprimere un desiderio: da qui inizia una disperata caccia all'oro, nel quale Gatto dovrà vedersela con alcuni spassosissimi personaggi della mitologia fiabesca e del folklore popolare, perennemente inseguito dallo spettro di quella figura mostruosa e ultraterrena, che più di tutte vuole la sua testa.

Ora, andando oltre l'animazione, che è di altissimo livello, ciò che davvero sorprende è il tono della narrazione: quello che in apparenza è un film puerile e goliardico, con un personaggio che sembrava essere condannato a vivere della sua stessa bidimensionalità, è in realtà un prodotto amaro, dalle tinte profondamente oscure.

I colori accesi e vibranti, le atmosfere incantante e fantatische che accompagnano le mirabolanti peripezie del protagonista, trovano un pesante attrito con i toni bui e freddi dei momenti più introspettivi e "umani", così come la spensieratezza e l'incoscienza infantile vengono offuscate dalla reale paura della morte e dalla consapevolezza della fine.

Gatto è costretto a crescere, così come anche i personaggi che lo circondano e così come anche il suo pubblico, che si porta appresso il peso di anni molto duri.

Non è più l'epica dei grandi duelli e delle immani imprese, ma è l'epica del quotidiano, del combattere costantemente la paura della morte, dando valore alle piccole cose, senza dimenticarci quanto sia limitato il nostro tempo su questa terra.

Il tutto detto da un gatto, che porta gli stivali.

Imperdibile.

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