Joel Edgerton si mette per la prima volta davanti e dietro la macchina da presa e confeziona il drama/thriller The Gift, arrivato in Italia alcuni mesi fa e distribuito dalla Koch Media, una realtà sempre più importante nel nostro mercato cinematografico.

La sceneggiatura dello stesso Edgerton racconta la storia di una coppia, Rebecca Hall e Jason Bateman, che da Chicago si trasferisce nelle villette a schiera sulle colline di Los Angeles. Quì incontreranno "Gordo" (lo stesso Edgerton) vecchio amico di Simon (Jason Bateman), che inizierà a recapitare regali alla coppia, dimostrando una certa morbosità nei loro confronti.

Edgerton si butta a fare anche il regista, scelta complicata in questo preciso momento cinematografico, dove a sfondare sul mercato sono soltanto una ristretta cerchia di "big" titoli blockbusteroni con pipistrelli volanti ed eroi spaccatutto. Lui se ne cura poco e produce, scrive, interpreta e gira un thriller che affonda le sue radici nella classicità della suspense hitchcockiana. Edgerton non ha bisogno di puntare su sangue, accoltellamenti e squartamenti vari. Crea, costruisce e alimenta tensione, unendo i tempi del cinema classico con gli espedienti visivi della contemporaneità: ricerca dell'immagine, costruzione dei "quadri", fotografia che enfatizza l'atmosfera, trama che zigzaga tra i suoi personaggi ambigui e che chiaramente non dicono tutto ciò che sanno. Ed è questo uno degli interrogativi che la pellicola sottopone a chi la guarda: cosa sappiamo realmente di chi abbiamo a fianco? Cosa si cela dietro la "maschera" di quelle persone che amiamo? Il film rimane saldo a terra proprio perchè ha bisogno di lanciare questo quesito a circa metà della sua durata, quando riemerge dal passato una vicenda che va ad ampliare le ambiguità della trama e dei personaggi che la muovono. Il triangolo su cui è costruito il lavoro di Edgerton è funzionale a non dare punti di riferimento e in cui appare chiaro che l'unica vera preda è Robyn, interpretata da una Rebecca Hall brava a plasmare una donna che mostra nella solitudine della nuova vita le sue fragilità che si porta dietro da anni. Un'attrice che meriterebbe più attenzione di quanta ne abbia avuta finora.

L'architettura dello sceneggiato lascia spazio alla fantasia e giocando sulle cose non dette alimenta il clima thrilling di cui si nutre il film. In questo è bravo Edgerton a mantenere una regia posata e a costruire un'opera di interni e dal ritmo dilatato. L'indeterminatezza a tratti esasperata viene fuori quando il film diventa statico e inizia pian piano a scemare, fino ad avere la necessità di cambiare alcune carte in tavola e facendo diventare Robyn una sorta di piccola investigatrice privata. Perchè se è vero che tutta l'atmosfera è costruita con rigore e "asciutezza" certosina, è altrettanto chiaro come The Gift non abbia mai la forza di decollare e di rompere gli schemi su cui è costruito. Il finale prova a spezzare tutto e ribalta alcune mezze certezze, dando vitalità finale ad un titolo che si stava paurosamente avvitando sulla sua incapacità di andare oltre i classici stilemi del genere.

6/10

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