Vorrei poter conoscere nelle sue sfaccettature opere intere, vorrei poter commentare i capolavori di Rossini e di Verdi non limitandomi alle celeberrime overture del primo ed ai meravigliosi seppur inflazionati brani del secondo.
Vorrei poter imbastire un discorso fluido e competente sulle sinfonie di Beethoven o sulle suites orchestrali di Bach.
Vorrei anche solo poter andare oltre l'esteriore perfezione dei concerti stagionali di Vivaldi.
Vorrei; ma non ne ho le conoscenze, inutile negarlo.
Quella che segue non vuol essere una pagina di cultura classica.
Vuole essere solo una dichiarazione d'affetto, nulla più se non la personale considerazione di un brano immortale, creata dal cuore e dall'umiltà della mia conoscenza classica che vive di sporadiche raccolte di "Famiglia Cristiana", di vinili e cd purtroppo mai abbastanza ascoltati e di concerti di capodanno, certezza d'ogni anno così come la messa di mezzanotte a Natale e la pioggia a ferragosto.
"An Der Schönen, Blauen Donau" (opera 314; letterale, "Sul bel Danubio blu", datato 1867) è il più celebre e celebrato valzer di quel fenomenale compositore austriaco che rispondeva al nome di Johann Strauss, nato il 25 ottobre del 1825 e membro di spicco di una famiglia che alla musica deve tanto e a cui la musica deve forse di più.
I concerti di Vienna insegnano infatti che il padre, da cui Johann ereditò il nome, compose tra le altre innumerevoli opere la celeberrima "Radetzky-Marsch", mentre il fratello Josef (di due anni più giovane e cresciuto suo malgrado nell'ombra dell'ingombrante Johann) scrisse anch'egli bellissime pagine, tra le quali ricordo con piacere la soavità di "Die Libelle" (La libellula).
Sebbene la produzione di Johann Strauss trascenda spesso la forma breve (spesso anche con esito felice, le operette "Il pipistrello" e "Principessa Ninetta" su tutte), furono proprio la composizione di molte marce e soprattutto di brani pensati per la danza nelle sue forme allora diffuse, il valzer e la polka, a rendere immortale o quantomeno memorabile l'opera del compositore di Neubau.
"Sul Bel Danubio Blu" è opera perfetta nella sua struttura ed intrigante nel suo sviluppo, in grado di reggere la tensione creata dal crescendo iniziale per i dieci minuti del suo corso. La frequenza delle sue rappresentazioni ne hanno fatto, analogamente a quanto avviene per taluni brani estrapolati da opere di ben altra complessità (si pensi ad esempio al "Nessun Dorma" della "Turandot" di Puccini), una sorta di successo popolare anche in tempi contemporanei. Ciò tuttavia, sia chiaro, nulla toglie al valore di un'opera meravigliosa, quantunque il suo autore non regga magari il passo di ben altri autori dell'opera classica mittel-europea.
Non pretendo di scrivere ulteriormente di un'opera assolutamente nota, e del resto non saprei aggiungere molto altro.
Tant'è ciò che ho potuto: vi prego di considerare quanto scritto in quest'ottica, nonostante io per primo sappia di come un brutto scritto di musica classica, malcelato dietro qualche nozione di un campo che non è certo il mio, non venga facilmente perdonato.
Se del resto è vero tutto questo, e così è, perché ho scritto ciò che leggete?
Ci sono dei momenti in cui poche note, anche solo fischiate mentre si rassetta il letto o si lava la tazza del caffè al mattino, sono sufficienti a farti chiudere gli occhi.
Allora immagini di stringere la ragazza dei tuoi sogni, bellissima nel suo abito di raso blu, le spalle candide profumate di fresco, i capelli lucenti raccolti dietro la nuca delicata.
Allora immagini di danzare con lei anche se non ne sei capace, immagini di volteggiare ai canti dei violini, alle risa gioiose dei corni, alle roboanti carezze dei timpani.
Poco importa se nei momenti di quiete strumentale apri gli occhi per schivare il tavolo della cucina e gli stipiti delle porte.
Poco importa se ciò che stringi è solo l?aria e ciò che odori sa di colazione e ancora di sonno.
Poco importa se la maglietta ed i jeans che hai appena indossato non sono propriamente un elegante divisa da colonnello dell?Esercito Austro-ungarico.
Poco importa se il tuo fischiettar è solo un acerbo lamento.
L?importante è che, almeno per qualche minuto, quella danza e quell?emozione di un tempo che non è più questo siano davvero avvenute, in qualche modo, per merito di un?arte immortale.
L?importante in fondo è sapere che so ancora sognare.
Dedicato alle persone care che, allo stesso modo di un dolce sogno, mi fanno emozionare.
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