Se si dovesse dare un sottotitolo al film qui recensito potrebbe essere Un uomo oggi. Sì soprattutto se si considera che, rispetto all'anno in cui fu realizzato ovvero 1973, la situazione generale non solo statunitense ivi descritta non è certamente cambiata in meglio, tutt'altro.

Titolo ripescato l'altro giorno e rivisto con intatto piacere, realizzato da un regista come John Avildsen (si' proprio lo stesso che diresse il primo "Rocky" nel 1976) che ci propone un protagonista classificabile come il tipico self made man yankee giunto al giro di boa della crisi di mezza eta'. Si tratta di Harry Stoner (impersonato da uno strepitoso Jack Lemmon che per questo fu giustamente insignito dell'Oscar come miglior attore del 1973) proprietario di un'affermata azienda attiva nel settore dell'abbigliamento. Lui avrebbe tutto per essere felice, ma denaro e successo non sono vettori sicuri per una vita serena. Infatti Stoner sarebbe in procinto di lanciare sul mercato una nuova linea di vestiti se non fosse per un semplice inghippo : mancanza di sufficienti finanziamenti per procedere. O perlomeno data l'indisponibilità delle banche a finanziarlo, resterebbe soltanto l'eventualità di rivolgersi a qualche strozzino del giro della mafia, con tutti gli annessi e connessi che comporterebbe simile scelta. In alternativa, altrettanto disonesta e diabolica, potrebbe ricorrere ad altri delinquenti prezzolati per far incendiare uno dei magazzini in disuso della ditta per poi intascare così i soldi della polizza assicurativa. Insomma Harry Stoner non se la passa bene, il presente è stressante, l'incomunicabilita' con la moglie un dato di fatto e le ripercussioni psicologiche si fanno sempre più pesanti dato che, oltre a rimpiangere gli anni giovanili in cui si dilettava a suonare in un'orchestra jazz e a praticare discretamente il baseball, ormai è affetto da ricorrenti allucinazioni visive anche in pieno giorno e vede i commilitoni morti che condivisero con lui la traumatica esperienza della guerra sul fronte italiano nel 1943-1944.

Ma se questo costituisce un incubo risalente ad un tragico passato Stoner, cresciuto in un'America immersa nello spirito costruttivo e reattivo del New Deal rooseveltiano, si sente a disagio ed è paragonabile ad una tigre a rischio estinzione nell 'attuale società yankee in cui regna il compromesso, la corsa sfrenata al successo, al consumo compulsivo, la truffa verso il fisco in nome di una totale deregulation, il raggiro del cliente. E non è poi bizzarro che, al termine di una giornata lavorativa così al cardiopalma, il protagonista si imbatta in un' autostoppista hippie con cui vive una notte di affetto ed intimità, per quanto entrambi appartengano a generazioni diverse , con punti di riferimento differenti.

Un film sincero nel porre in risalto la condizione alienante di un uomo (perfettamente reso da un versatile Jack Lemmon) che non ha ancora elaborato i traumi patiti nel passato, vive angosciato il presente caotico e teme ciò che porterà il futuro. Come a dire che il dio denaro danna tutti coloro che corrono per affermarsi nella moderna società borghese. E conseguentemente mi sorge spontaneo il ricordo di quanto cantava il grande Giorgio Gaber quando , in un brano di cui non ricordo il titolo, descriveva un nostrano self made man , uno che si era fatto una posizione ed affermava "mi son fatto con le mie mani mi son fatto proprio di... merda!"

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