Questo film non è "Fuga Da New York", Ice Cube non è Kurt Russell, i passaggi irrisolti ci sono e si vedono. Eppure, il qui presente "Fantasmi da Marte" riesce, pur nella sua bidimensionalità, a svolgere dignitosamente il ruolo che il grande John Carpenter si era prefissato: girare un film divertente, disimpegnato e visivamente accattivante. Questo film non è nient'altro. In un prossimo futuro, una colonia di minatori sul Pianeta Rosso viene improvvisamente massacrata da forze sconosciute, ed una manciata di sopravvissuti, ovviamente pochi ed impreparati, lottano per la sopravvivenza. Il gigioneggiante rapper di colore interpreta il classico famigerato criminale che combatte per il bene.
In questo fantascientifico d'azione (con tonalità e dettagli horror, senza però momenti di vero spavento) Carpenter ripercorre/omaggia diverse tematiche già consolidate in altri suoi film: i guerrieri tribali ricordano le bande metropolitane del Duca ("Fuga Da New York"), gli spiriti degli alieni che passano da un corpo ad un altro richiamano "La Cosa"; ed ovviamente ad Ice Cube manca solo il famoso "chiamami Iena" e sarebbe un clone perfetto di Plissken.
Le parti d'azione, abbastanza semplici pur con qualche efferatezza, sono riuscite, così come il flashback sul ritorno dell'antica civiltà aliena e la trasformazione dei coloni sono decisamente tra le scene chiave del film. Qualche personaggio banale ed alcune scene macchinose, come un finale un po' scontato, sono i difetti di questo lungometraggio, privo dei consueti marcati accenni sociopolitici; forse gli alieni vogliono riavere la propria terra, cacciando chi se ne impossessato solo per sfruttarla? Probabilmente questo aspetto è quasi casuale.
Un accenno alle musiche, come sempre composte per la maggior parte dal regista: anche in questo caso, pur svolgendo il proprio ruolo dignitosamente e in maniera perfettamente funzionale, le varie tracce non riescono a raggiungere i picchi di atmosfera delle varie "Assault On Precinct 13 Main Theme" o altre, che rimangono intoccabili nonostante (o proprio a causa) del loro sapore squisitamente vintage.
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