John Carpenter probabilmente non immaginava di dare alla luce un vero e proprio "fenomeno" cinematografico destinato negli anni successivi a vedere una miriade di sequel. Non immaginava neanche di incassare quasi 50 milioni di dollari con un film che è costato poco o nulla. Forse non credeva nemmeno di inaugurare un nuovo filone nel genere slasher, che ha avuto nel tempo innumerevoli debitori. Il Michael Myers di Halloween - La notte delle streghe è diventato una vera e propria icona del panorama horror mondiale, che di lì a qualche hanno ha avuto come "fratelli" i vari Freddy Krueger e Jason Voorhees. Da quì, da questo film datato 1978 si è andata delineando la linea dell'horror futuro, fatto principalmente di sequel, prequel e remake nonostante ci siano state delle produzioni svincolate da altre opere. La notte delle streghe è probabilmente la pellicola che ha dato piena visibilità a Carpenter, bollato da Hollywood come un regista poco adatto alle richieste del mercato ed etichettato come "troppo personale".
Il punto forte del film non sta certamente nell'originalità del plot, ma forse è proprio la sua linearità che rende questo Halloween una pietra miliare del genere. Carpenter porta sul grande schermo, con una naturalezza strabiliante, la paura nella sua forma più pura. Le tranquille cittadine americane, con le villette tutte imbiancate, l'aiuola ben curata e il viale ripulito dalle foglie non sono più simbolo di normalità. O almeno non lo sono in apparenza, vista l'astuzia del "tornante" Myers di nascondersi con disinvoltura in quella che agli occhi di tutti sembrerebbe la normalità. Niente sembra essere al di fuori dell'ordinanza. Un pensiero diffuso tra i cittadini che riassumono nella figura dello sceriffo Leigh la loro opinione:"Ha visto che gente c'è a Haddonfield? Donne, bambini, famiglie come la mia, che vivono in pace tutte tranquille nelle loro case. E lei vuol dirmi che sarebbero destinate a un massacro?" Normale quindi che tutti si credano al sicuro, nonostante le strazianti urla della baby sitter Laurie. Ma d'altronde questa è la festa di Halloween, si scherza, ci si diverte, quelle urla potrebbero soltanto essere uno scherzo dettato dalla serata...
In questa ottica della paura "viva", sempre presente ma mai avvertita, Carpenter costruisce un film lontano anni luce dalla violenza fine a se stessa della maggior parte degli splatter odierni. Sangue poco, tensione tanta. Indimenticabili le scene notturne in cui la povera Laurie è "braccata" da qualcosa a lei sconosciuta. In questo senso la scena migliore la troviamo all'inizio del film quando Michael Myers, bambino di 6 anni, uccide sua sorella quasi senza rendersene conto. La soggettiva della sequenza "incastrata" tra le fessure della maschera è una delle cose migliori dell'horror anni settanta e non solo.
Laurie lotta quasi esclusivamente da sola, aiutata unicamente dal dottor Loomis, anch'egli visto come uno psicopatico e additato dallo sceriffo Leigh di voler portare lo scompiglio nella cittadina. Le due figure assumono le sembianze giganti di eroi che si immolano per il bene della comunità. In particolare, mentre Laurie cerca soprattutto la sua salvezza, il dottor Loomis tiene a cuore la vita degli altri cittadini e non solo la sua incolumità. Carpenter però, non la fa tanto semplice perchè quell'uomo mascherato e violento assomiglia ad un'ombra. Fugge, torna, scappa, in un continuo di apparizioni che lo elevano quasi ad una figura trascendentale invincibile. Sarebbe bastato l'aiuto degli altri abitanti del paese per fermare la follia, ma ad Halloween, mentre la gente è impegnata a festeggiare e si sollazza nelle sue manie di consumismo, neanche delle disperate urla nella notte avrebbero mosso queste persone dalle loro comode poltrone.
Voto 4,5.
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