C'è un disco - che vi consiglio - che si chiama Cielo e Mar. Cielo e Mar è un'aria, per tenore, dalla Gioconda, di Amilcare Ponchielli. Un'aria importante, con qualche do di petto dentro. Una di quelle di bravura, che tutti cantano, che tutti hanno cantato. E quel disco lì fa proprio questo lavoro. Prende un bel po' di tenori - qualcuno noto, qualcuno meno - e te li fa sentire mentre cantano quest'aria. Bel disco. Utile. A me almeno. A me che di musica non ne so niente. Utile per farsi un'idea. Questo mi piace, questo meno. Capire ad esempio se uno è un tenore eroico, se uno è lirico, se uno proprio dovrebbe cambiare mestiere. Robe così. Poi, naturalmente, arrivi alla traccia numero diciannove. E capisci che non ce n'è per nessuno. Risenti la traccia diciannove, un paio di volte. Poi la venti, ma due minuti e smetti. Poi magari quella che prima ti era un po' piaciuta, ma giusto un minuto, ancora un po' la diciannove, giusto tre o quattro volte, scuoti il capo, cambi disco. Punto, chiusa parentesi.

Quella di Cielo e Mar è una lettura - per così dire - orizzontale.

Quella di cui vi parlo oggi, al contrario, è una lettura verticale. È la storia di un brano, di una ballad, per essere precisi, che si chiama Naima.

Naima la scrive John Coltrane. In quel Giant Step che è probabilmente il suo primo capolavoro. La scrive per una donna, che si chiama Naima, appunto. E la suona. È un Coltrane, quello di Giant Step, che ancora cerca di suonare tantissimo. Robe anche complicate, i Giant Steps da cui il titolo del disco, quelli che deve fare con le dita per suonare. Ma è un Coltrane dolcissimo mentre pensa alla sua Naima. È il 1959. Non un anno da niente. L'anno di Kind of Blue. Naima è una ballad dolcissima, senza troppi virtuosismi, senza esplosioni ritmiche, senza niente. È da ascoltare ad occhi chiusi. E lo si immagina, anche lui, Coltrane, ad occhi chiusi, mentre la suona. Con gli occhi chiusi, per vedere solo lei

Naima, per meglio dire Juanita Naima Grubbs, è la prima moglie di John. Non avranno figli, si lasceranno nel 1963.

Naima, la ballad, ha un successo clamoroso. Diventa uno standard. Diventa una di quelle cose (un'altra ad esempio è My Favorite Things) che Coltrane suona per tutta la vita. Una di quelle cose che gli girano per la testa, e che alla fine, qualunque cosa stia facendo, gli ritornano sempre in mente.

Naima, la ballad, ad esempio la si può riascoltare nel bel Live al Village Vanguard, del 1961. Nel disperato - e a suo modo bellissimo - Afro Blue, del 1963, nel (per me difficilissimo) Live at Village Vanguard Again, del 1966, dove al fianco di John c'è già Alice, con cui avranno il Ravi di cui vi parlai qualche tempo fa. Solo per frugare tra i dischi che ho qui.

Di modi per accostarsi alla musica, a un uomo come Coltrane, ce ne sono sicuramente tanti. Io ve ne propongo uno.

Studiare come si evolve Naima nel corso degli anni. Studiare, o almeno cercare di intuire, quello che si muove dentro la testa, dentro al cuore di questo tizio del Nord Carolina, man mano che il tempo passa. Cercare di intuire cosa fosse per lui l'amore, cosa sia diventato man mano che la vita lo ha cambiato. Cosa sia mutato, cosa è rimasto uguale.

Di fondo solo questo conta.



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