"Questo libro è la mia verità. Forse non tutta la verità, ma è come l'ho vista io. Dal seggiolino della batteria". John Densmore, batterista, ha saputo creare uno stile geniale tutto suo; imperniato sul jazz e su pazzeschi ritmi tribali con una incredibile e totale telepatia con le improvvisazioni di Morrison. Non era certo facile adeguare il tempo dei propri tamburi ad uno che non sapevi mai cosa avrebbe detto o fatto e in quale modo; ma lui era sempre li, in perfetta simbiosi con il Re Lucertola. Favolosi, per l'epoca, i suoi tempi in stile bossa nova. John Densmore, uomo invece, ha sempre dovuto fare i conti con le proprie insicurezze e frustrazioni e soprattutto con la figura carismatica e ingombrante del cantante. Lo ammirava e detestava allo stesso tempo. Lui voleva il successo della band e Jim, spesso, rovinava tutto. Era, a quel tempo, incapace di comprendere le necessità di Morrison di andare oltre, di non cedere a facili compromessi. Questo libro è uno splendido racconto di John di quegli anni sessanta in cui tutto sembrava fosse possibile, una biografia dei Doors da chi ha vissuto ogni attimo in prima persona, ma soprattutto un ritratto dell'amico Jim e del loro difficile rapporto. E' quest'ultimo, a mio parere, l'argomento più interessante del libro. John, in questi decenni dopo la morte di Jim, ha fatto un lavoro di analisi, con una buona dose di autocritica, sulla situazione interna del gruppo in quegli anni rendendosi conto, solo ora, della grandezza dell'amico e del perchè si comportava così. "Vorrei aver avuto le palle per dirti certe cose negli anni sessanta, ma tu eri così forte e mi intimidivi". Un racconto intimo, che ci descrive da dentro la band, le situazioni, i ruoli dei componenti aldilà di leggende e falsi miti. Lo sapevo, me lo sentivo, fin da quando ragazzino leggevo i primi libri inerenti, che John avrebbe scritto qualcosa del genere perchè il suo amore/odio verso Jim era viscerale; diverso da un fin troppo devoto Manzarek e da un più distaccato Krieger. Come spesso accade, l'unico che ti contraddice è poi quello che tiene più a te. Era, col senno del poi, solo apparentemente strano che l'unica telefonata da Parigi che fece Morrison fu proprio ad un incredulo Densmore.
John è un uomo ancorato ad un certo tipo di idee e di coerenza. Non ha mai approfittato del far parte di un monumento come i Doors; anzi si è impegolato a lungo in una causa legale verso i due ex colleghi, vincendola ed obbligandoli a non usare il nome Doors per dischi e concerti, a non lucrare sui fasti passati. Sempre lui pone il veto alla cessione dei diritti di "Break on Through" per una campagna pubblicitaria della Cadillac (che avrebbe fruttato 15 milioni di dollari!); proprio come fece Jim nel '67 con "Light my Fire". Una brutta pagina di controversie legali che però gli valse l'appoggio di numerosi colleghi; cito, uno per tutti Eddie Vedder "Quando sarò morto spero ci sia qualcuno con l'integrita di John a portare avanti l'eredità della nostra band con la stessa coerenza dimostrata da lui".
John è una grande persona e, come tale, non porta rancore. "Spero che la mia lettera d'amore a Ray, Robby e Jim vi piaccia" conclude.
Grazie John, finalmente un libro vero sulla nostra amata band e sul nostro amico James Douglas Morrison.
Buona lettura.
Carico i commenti... con calma