A ovest di Roma, di John Fante

Il libro chiude la saga della famiglia Molise.

Un libro composto da due racconti, pubblicato postumo a cura della moglie di Fante.

Nel primo racconto si esprimono i valori della maturità dell'emigrato italiano negli USA, con i simboli del benessere tipici di quegli anni.

Una casa monofamiliare, l'auto sportiva, i figli con le loro auto, sfaccendati, presi da un impeto musicale che va da Frank Zappa alla psichedelia.

Il protagonista (che condivide con altri autori della beat generation una sopravvivenza fatta di copioni, assegni di disoccupazione, qualche libro), si sente estraneo a quel mondo.

Le sue reminescenze italiane lo portano ad idealizzare un "RITORNO", una vita italiana che sia a Roma o Napoli, dove ripercorrere la sua infanzia.

La porsche diventata suo simbolo di libertà, come una Janis Joplin con i pantaloni, ed il ritrovamento di un akita, battezzato Stupido per i suoi comportamenti anomali.

La sparizione del cane, l'allontanamento dei figli, lo vede operare delle scelte, inizialmente per un ritorno alle origini, poi per i veri valori della vita.

Una vita che ha valore quando il tuo cane gioca con una scrofa che si è salvata dalla macellazione ed è felice, rendendoti a sua volta, gioioso per la compagnia.

La seconda parte, o meglio, il secondo racconto che compone l'opera, è uno spaccato dell'emigrazione italiana negli USA, con i lavori umili e le possibilità offerte dal nuovo mondo e dal nuovo modo, di emergere da una massa informe.

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