Dopo l'esperienza con la Warner e la pubblicazione di "Shadows Collide With People" John Frusciante si accorge di avere ancora molto materiale a disposizione. Pensione assicurata per qualsiasi artista, infatti John Frusciante potrebbe decidere di pubblicare qualche canzone ogni 5 anni e stare a posto economicamente.

E invece no, decide di pubblicare TUTTO il materiale entro la fine dell'anno, sei album in sei mesi, quindi. Per compiere questo suicidio commerciale si rivolge ad una casa discografica che sarà poi un'affiliata della Warner, la Record Collection, e così comincia l'avventura.

A dire il vero "The Will To Death", che fa la sua comparsa a fine Giugno, non è una delle migliori prove di Frusciante: qualche canzone eccellente ("Time Runs Out", "The Mirror", "The Will To Death") accompagnata da qualche altra solo sopra la media ("Loss", "Unchanging", "The Days Have Turned"). Non mi si fraintenda, questo è un album realmente sopra la media, ma John Frusciante ha abituato i suoi ascoltatori a pezzi di maggior pregio. Certamente un album "minore", che sfigura in maniera impietosa davanti ai suoi predecessori. Egli per questo capitolo ha preso spunto dal fare musica degli anni 60 e 70 - ad esempio in alcune canzoni vi sono due canali nettamente separati, uno riservato alla voce e l'altro alla parte strumentale -, senza campionamenti e con molta più chitarra elettrica rispetto a "Shadows Collide With People". La sensazione finale è quella di trovarsi di fronte ad un bell'album. E basta.

Tracce più rappresentative: "Time Runs Out", "Loss", "Unchanging", "The Mirror", "The Days Have Turned", "The Will To Death".

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