Per quanto ne abbia avuto da ridire lo scrittore Derek Raymond relativamente ad Agata Christie, per me la più celebre giallista inglese rimane un genio. Pur non prediligendo il suo genere letterario, i suoi libri e la sua rocambolesca vita mi hanno sempre interessato in modo particolare. Raramente ho trovato la lettura di un giallo intrigante, sottile, acuta come lo era quella di un qualsiasi suo romanzo (Fra quelli che ho letto, ovvio).

Pertanto, dopo "Assassinio sull'Orient Express", mi ritrovo a recensire un altro dei numerosi film tratti dai suoi scritti, "Assassinio sul Nilo". Ad onor di cronaca, i due romanzi costituiscono una trilogia che si concluderà con "Non c'è più scampo" e sono legati dal tema del viaggio (Europa dell'Est, Egitto, Iraq) differentemente dai film tratti che non presentano punti di connessione.

L'opera non gode di grande celebrità nonostante la presenza di attori di fama mondiale e un Oscar ai costumi, che nel suo piccolo è pur sempre pubblicità, in definitiva un non un capolavoro. E infatti rimane tutt'ora una chicca imperdibile per gli appassionati del genere ma è semplicemente una valida forma di intrattenimento che solo il buon cinema sa offrire per il resto degli spettatori.

"Assassinio sul Nilo" uscì nel 1978, due anni dopo quel "King Kong" che portò tanto successo di pubblico a Guillermin. La storia rimane sostanzialmente fedele al romanzo: una ricca donna statunitense, Linnet Ridgeway ruba il fidanzato alla ex amica Jacqueline De Bellefort che, a causa del tracollo di Wall Street, ha perso la sua fortuna. I due si sposano e partono per la luna di miele, rovinata dalla costante e maniacale presenza di Jacqueline. Durante una crociera sul Nilo, Linnet viene trovata morta nella sua cabina dalla quale sono scomparse delle perle. Per di più ognuno dei passeggeri avrebbe avuto un motivo per averla uccisa (Figuriamoci...). Tramite una serie di indizi e altre morti sospette, l'onnipresente investigatore Hercule Poirot riuscirà insieme al suo vecchio amico il colonnello Johnny Race a trovare il colpevole.

A favore del lungometraggio gioca la perfetta galleria di personaggi realizzata da un ottimo cast che riesce a disporsi in senso funzionale alla trama, talora avanzando in primo piano talora passando momentaneamente dietro le quinte. Nei panni di Poirot questa volta è il grande Peter Ustinov che rivisita in modo divertente l'investigatore frutto della fantasia della Christie mescolando insieme saccenteria e goffaggine. Volendo procedere in ordine di gradimento, spiccano le interpretazioni di Mia Farrow-Jacqueline che non lascia nulla da ridire e dimostra di saper funzionare anche fuori dalle grinfie di Allen, Angela Lansbury attempata ed eccentrica scrittrice di romanzi rosa che conferma il suo istrionismo e Bette Davis, incartapecorita dama statunitense amante dei gioielli accompagnata dalla domestica, una annoiata Maggie Smith.

Uno spaccato dell'alta società degli anni '30 insomma, che non vuole assumere posizioni critiche o revisioniste. Ma al centro della trama rimane l'interesse per enigma da svelare, un susseguirsi di vicende e trovate che conducono direttamente al momento finale in cui l'investigatore belga rivela il nome dell'omicida secondo la classica e immancabile riunione in un'unica sala di tutti i personaggi, momento in cui Poirot da sfogo alla sua indole superba e teatrale. Il tutto è supportato dalla magnifica scenografia, imponente come le musiche di Nino Rota e da un finale imprevisto.

Carico i commenti...  con calma