"Travelin'" è il secondo 33 giri di John Lee Hooker, inciso e uscito nel 1960, a un anno di distanza dal precedente "I'm John Lee Hooker", anche questo stampato dalla Vee Jay Records. A differenza del primo disco questo contiene tutte canzoni registrate in un'unica sessione e vede "Hook" accompagnato da: Lefty Bates alla seconda chitarra, Sylvester Hickman al basso e Jimmy Turner alla batteria.
Tolgo da subito ogni dubbio al lettore, se "I'm John Lee Hooker" è una pietra miliare, per me, questo non è solo uno dei migliori dischi che ha inciso, ma lo considero uno dei suoi capolavori e conferma, qualora ce ne fosse stato bisogno (e intendo già a suo tempo) che Lee è uno dei bluesmen più importanti ed influenti di sempre.
La lenta e triste "No Shoes" cantata nel caratteristico stile talking blues alla Lee, apre il disco nel migliore dei modi, e ci porta da subito dentro alle atmosfere dell'intero lp: un viaggio che non è solo fisico, ma anche psicologico e che attraversa i momenti bui del suo/nostro animo, senza orpelli e facili patetismi, come è nel fare di "Hook" ma direi del miglior blues in genere.
"I'm A Strange" penetra nell'anima dell'ascoltatore con la sua aria malinconica ed errabonda. Un altro pezzo che adoro, dal testo decisamente erotico, è il claudicante ma graffiante e vibrante "Solid Sender", micidiale proprio grazie ad una struttura fortemente schelettrica che mette in risalto in maniera lampante la potenza interpretativa ed espressiva di John Lee.
Tra le altre canzoni, in questo lp, c'è anche la prima versione di quello che diventerà un classico di "Hook" ovvero "Whiskey And Wimmen" storia di un uomo che si rende conto che sta buttando via la propria vita. Comunque in questa session ci sono anche canzoni meno cupe, dal ritmo più sostenuto, come ad esempio le ottime "Goin' To California", "Dusty Road" e "I’ll Know Tonight".
Ed anche in questo disco la chitarra di "Hook" è ossessiva e tormentata, ed è sostenuta dagli altri musicisti come per rafforzarne le intenzioni, perché la sua sei corde è lì per ricordare e ricordarci che le tristezze giornaliere, più o meno acute, si perpetuano per tutto il corso della nostra esistenza ma John ci fa presente che a volte si possono trovare anche semplici ma importanti istanti di gioia.
Grazie ancora Mr. Boogie Man.
P.S.: Con questa recensione sono uscito dal mio proposito in quanto era mia intenzione, per questioni di tempo, non parlare di un artista di cui avevo già scritto (o quantomeno non così presto), ma questo è un omaggio al mio amico Debaseriano Hell(raiser).
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