One World è un disco davvero particolare. Una piccola gemma cui non si riconosce il giusto valore.  

John Martyn lo registra nel lontano 1977 di ritorno da un soggiorno in Jamaica dove si era ritirato per smaltire le sbornie di alcool e droga, ma anche per rifuggire dalle delusioni per il suo matrimonio e dallo show business che nei '70 lo aveva visto protagonista della prolifica scena folk-blues d'oltremanica.

Il disco esce per la Island di Chris Blackwell, storica e gloriosa etichetta inglese che tra gli altri produsse Nick Drake, grande amico di John Martyn, e un signore che con la Jamaica aveva qualcosina a che fare, Mr. Bob Marley. Sta di fatto che il buon vecchio John tornato in patria, contorniato da uno stuolo di vecchi amici tra cui Danny Thompson, Dave Pegg e Steve Winwood, incide 8 tracce in cui indubbiamente è forte l'influenza dell'aria caraibica (si pensi a "Big Muff" scritta e prodotta con il padrino del reggae-dub Lee "Scratch" Perry, ma anche "Smiling Stranger" e "Dancing"), ma dove ancora una volta emerge la sua inarrivabile capacità di combinare blues, folk e jazz con la maestria di pochi.

L'amalgama è perfetta.

Nel disco si susseguono gioia e malinconia, si alternano tracce ritmate e solari a passaggi invece più riflessivi, scarni ed intimistici, dove la voce e la chitarra di John sono protagonisti indscussi, come ad esempio nella splendide ballate acustiche "One World" e "Couldn't Love You More", che diverranno negli anni dei veri e propri classici nei suoi live. Sicuramente rispetto ai primi lavori del nostro, sia quelli più preminentemente folk che quelli più sperimentali, "One World", appare più commerciale, meno coraggioso e intraprendente, con concessioni addirittura al pop (nel senso più nobile della parola), come "Certain Surprise", tuttavia non mancano episodi di puro sperimentalismo che ricordano il John Martyn di "Inside Out", come in "Dealer" e in chiusura la jam notturna "Small Hours".

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