Per chi suona la chitarra, stasera?! Che cosa si può fare, soprattutto, con una semplice chitarra acustica? Che cos'altro si può inventare nel 2006 con una chitarra, dopo Henry Kaiser, Allan Holdsworth, Steve Khan, Scott Henderson, Kurt Rosenwinkel, Hendrix, Scofield, Wes, Pat1 (Martino) e Pat2 (Metheny) eccetera? Per scoprirlo e per svelare la grandezza assoluta di un musicista come Mc Laughlin, per cadere sulle ginocchia a bocca aperta in adorazione incredula ed astrazione musicale nel vostro luogo d'ascolto, per far sorridere di grata nostalgia i più vecchi DeBaserioti, per andare "avanti" sulle sei corde, per fare un bel "reality check" quale doccia fredda all'ego di tutti gli shredder elettrici o coloro che credessero di aver scoperto nuovi orizzonti "oggi", bisogna acquistare questo disco del 1969: ineguagliata gemma.

Unica ed assoluta obliqua orchidea colorata nella notte nera (see cover!) del giardino jazzistico specificamente chitarristico degli ultimi 50 anni; un posto in genere numericamente abbastanza avaro di tagli musicali "seicordarum" mozzafiato ed innovativi, rispetto alle grandi masse di cugini pianisti o sassofonisti. C'è da dire che qui il cast è di assoluto rispetto e nient'affatto di secondo piano se rapportato al leader cui è accreditata l'opera. Parliamo di un disco di poco più di 40 minuti, che voleranno via come bere una Minute Maid al limone a mezzogiorno di ferragosto: John Surman, uno dei maggiori protagonisti della scena jazz britannica ed internazionale da sempre, Tony Oxley, batterista preciso, discreto e brillante; al punto che quando Bill Evans venne in tour in Europa da solo e gli diedero la sezione ritmica continentale tra cui Tony, quest'ultimo venne immediatamente richiesto di entrare a far parte stabile del Bill Evans trio (no grazie, Bill: sono "flattered" ma voglio starmene a casa, in Inghilterra) ed un Brian Odges meno noto ai più ma contrabbassista solido, inventivo e ben realizzato, così come deve assolutamente essere il contrabbasso nell'economia di un gruppo senza pianoforte, ricoprendo un ruolo centrale ed altamente critico.

Sin dall'inizio Brian introduce il primo dei nove brani, mentre John "strumma" accordi sbilenchi e vuoti, come allora nessuno ancora. (NOTA TECNICA: l'uso della chitarra acustica comporta un approccio molto diverso rispetto all'elettrica, in quanto l'acustica ha più contenuto armonico ma meno sustain, quindi per riempire si tende a suonare più accordi e meno note singole, che risultano più deboli). Il Mc Laughlin di questo disco è radicalmente diverso da quello che troveremo più avanti nella Mahavisnu Orchestra, con le sue chitarre artigianali Rex Bogue intarsiate di madreperla! Ah, nostalgia canaglia! Comunque, a continuare per il primo brano, ingresso in unisono di Surman e della chitarra, apparentemente ebbra e sgangherata ma invece centrale e trascinante; singhiozzante e straziata ma ipnotica e catalizzatrice sia nell'accompagnamento che nelle assenze (pause) asimmetriche e strategiche.

L'umile scrittore non scherzi troppo per favore sulla materia: chi ha amato questo disco all'epoca sa già nel cuore che questo debutto è il big bang, il prequel assoluto ed enorme di tutto ciò che John Mc Laughlin ha poi saputo costruire da fine artigiano delle note: come titolare, con i vari Shakti, Shankar, Santana; con Larry Coryell (comperatevi "Spaces": è un ordine!), con Jonas Hellborg, Trilok Gurtu (anche per queste ultime esperienze userà chitarre acustiche, magari più raffinate e meglio amplificate) o quale pivot ed unico crogiuolo, catalizzatore e cantore spesso alternativo alla tromba di Miles in "In A Silent Way", "Jack Johnson", "Big Fun"; speciale e brillante collaboratore, tanto da meritarsi il titolo di un brano in "Bitches Brew" ("John Mc Laughlin", ovviamente!); così fidato da assumersi la responsabilità di dover creare sul momento, per manifesto momentaneo KO creativo del leader, distrutto dalla recente notizia della morte del Duke, il temino ripetitivo, esile e ficcante del brano "He Loved Him Madly" in "Get up with it". Non che Miles gliene abbia reso merito, quanto a royalties: nei credits il pezzo è stato composto da Davis, as usual! (Per la cronaca: Mc Laughlin nel disco non è neanche citato come esecutore! Al suo posto vi sarebbero Pete Cosey e Reggie Lucas!).

Tornando alla musica: questo disco "marcia" compatto come una locomotiva ed è di fatto un concept album; i pezzi sono suonati senza soluzione di continuità: con qualche idea magari appena mingusiana e validissima. Possiamo dire che questo album sta ad un normale titolo di jazz del periodo come "The Lamb Lies Down" o "Close To The Edge"... stanno ad un disco di Neil Young o James Taylor. Innovativo, dirompente e stupefacente. Eseguito con sonorità profonde sebbene solo con semplici strumenti acustici. Surman meriterebbe un monumento, non fosse altro per questo disco. Sempre parlando di strumenti, la chitarra qui non è neppure una bella arch-top da jazz, cioè una costosa e raffinata chitarra adatta allo scopo, od una solid body costosa e piena di aggeggi, ma una semplice "flat top" con un microfono nella buca; che per chi non suona la chitarra sarebbe un po' quella scatola che hanno appesa al muro tutti coloro che iniziano a suonare due accordi ad orecchio! Il risultato, unico, trascende qualsiasi cosa abbiate sentito ultimamente: di altre opere così non ce ne sono. I climi sonori cambiano di continuo: da swing frammentato e pulsante ad atmosfere più lente e bluesy, per decollare in maniera sbilenca ma rapida verso sonorità ECM ante-litteram. Qui è evidente che l'Europa tende un' orecchio verso l'America ed i ritmi nuovi, fuori standard, mentre nello stesso periodo il jazz americano cerca di darsi una patina di dignità neoclassica, cercando la famosa third stream o comunque con orchestrazioni più complesse . Nessuna disamina dei brani uno per uno: il tutto sembra un'unica variegata, lunga e brevissima canzone o suite; suonata con sentimento e partecipazione totale.

Scusate l'evidente emozione, ma dopo trenta e passa anni me lo sono finalmente comperato in CD e l'ho sentito e risentito più volte: sebbene non ricordi francamente cosa abbia mangiato ieri sera, di questa musica invece sento già in anticipo tutte le note ed i cambi; a memoria. Per la cronaca, l'ho acquistato online su Fandango: un altro buon posto italiano dove acquistare musica a prezzo decente, con spese di trasporto basse. Ora, non posso certo sapere io per chi suoni la chitarra, stasera; però questo disco, ad ogni buon conto, comperatevelo a razzo: la vecchia Gibson flat-top di questo monolite del jazz europeo resterà a suonare sino a che il vostro lettore non vi tradirà! Lettori moderni!!!

J V.

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