Disco della svolta nella carriera di John Mellencamp, "American Fool" è, secondo il mio personale giudizio, un'opera che nel corso degli anni non è invecchiata troppo bene. I motivi vanno ricercati, più che nelle singole canzoni di cui è composto, nel suo suono a tratti rigonfio, figlio di quel rock facile e commerciale che nei primi anni ottanta imperava sulle radio americane. Un disco forse prodotto con mano infelice che, comunque, in quel lontano 1982 fece vendere milioni di copie al Nostro che, non dimentichiamoci, aveva già alle spalle una serie di dischi leggeri, piacevoli e pieni di buone intenzioni.

Quell'anno bastarono due brani a John Cougar per sbancare le classifiche. La furba "Jack And Diane", un delizioso pezzo che non può non piacere giocato sugli stacchi dettati da pochi ed indovinati accordi e la dura "Hurts So Good", un classico rock'n'roll che anticipa l'attitudine stonesiana del grande "Uh-Huh". Accanto a questi due super hits, John regala due ballate d'antologia che ci danno la misura del suo talento: "Hand To Hold On To", con un assolo di chitarra stupendo e la dolce "Weakest Moments" posta in chiusura dell'album. Reggono bene anche "Danger List" con il suo indovinato ritornello e l'imperiosa "Thundering Hearts" con il suo tour de force chitarristico che giunge inaspettato nel finale e che dal vivo faceva faville. Le altre composizioni sono più acerbe e si lasciano dimenticare abbastanza facilmente. Mi riferisco alla fragile "China Girl" e alle dirette "Can You Take It" e "Close Enough". Nonostante ciò "American Fool", il best seller della carriera di Mellencamp, ha il grande merito di far conoscere il suo nome, la sua musica e di aprire le porte ad una carriera artistica piena di soddisfazioni e di successi.

"American Fool" contiene già tutti gli ingredienti che faranno di John Mellencamp una colonna portante di quel "Rock In The U.S.A." che Little Bastard canterà qualche anno dopo con fierezza nel capolavoro "Scarecrow".

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