Pubblicato nel 2001, "Cuttin' Heads" è un'opera con una profonda connotazione sociale. Un disco avventuroso nel quale John Mellencamp non ha paura di mettere a nudo la sua anima populista e democratica, perennemente in polemica con le alte istituzioni politiche che regolano la vita del suo amato e grande paese. "Cuttin' Heads" ha una franchezza ed un'onestà di fondo che è arduo riscontrare altrove. L'ex Cougar non teme di esporsi in prima persona e si disinteressa delle conseguenze dei suoi pensieri figli e memori della tradizione gutrhiana e, di conseguenza, dylaniana. E' per questa ragione che i testi di questo coraggioso album narrano di un'America assediata da problemi sociali, false illusioni, mancanza d'amore e perdita di ideali. Argomenti e tematiche tipiche nella produzione di Mellencamp che, anche in questo caso, sceglie posizioni scomode dettate da una grande presa di coscienza umana, sociale ed artistica.
"Non sono un predicatore ma solo un cantante, ragazzo e vedo ancora molto lavoro da fare." Così John canta in "Peaceful World", una delle canzoni di punta di "Cuttin' Heads". Un brano di grande spessore e contro l'ipocrisia, modellato su una melodia da incorniciare, destinato ad entrare di diritto tra le sue migliori composizioni di sempre. Una traccia che potrebbe già essere un'esplicita dichiarazione d'intenti se non fosse anticipata dall' incredibile title track, una canzone in cui Mellencamp fonde magistralmente i riff degli Stones, la black music e il rap dei Public Enemy grazie alla presenza di Chuck D, coautore di un pezzo contro il razzismo e la discriminazione razziale. Basterebbero solamente queste due composizioni per rendere "Cuttin' Heads" un tassello pregiato nella discografia di Little Bastard ma, fortunatamente, questo disco dal sound ruvido, sporco, vitale e senza compromessi regala nel corso di tutta la sua durata unicamente grande musica che, nelle sue variegate soluzioni, incrocia felicemente tra loro il folk, il country, il blues, il reggae e naturalmente il rock, in un crossover scaltro e suggestivo. Se il riuscito duetto con la country singer Trisha Yearwood nella profonda ballata "Deep Blue Heart" lascia senza respiro, lo scatenato ritmo giamaicano dell'insolita "Shy", stupisce e allarga gli orizzonti sonori di John Mellencamp. Orizzonti che a livello di tematiche restano, come già detto in precedenza, saldamente collegati alla situazione della società americana come dimostrano le piacevoli "Crazy Island" ,"Women Seem" e "Worn Out Nervous Condition" due brani, questi ultimi, che scivolano via abbastanza anonimi se paragonati alla meditativa "Just Like You", con un incedere tipico mellencampiano e al blues-rock impagabile di "The Same Way I Do". Composizioni, queste, che si collocano tra le più riuscite in assoluto di Mellencamp grazie alla grinta e all'inquietudine di fondo che le caratterizza. Inoltre i sentimenti e gli stati d'animo presenti nelle singole tracce vengono messi in risalto da una produzione di stampo classico, mai ridondante che, a tratti, regala a "Cuttin' Heads" un'ambientazione rurale, come avviene nella conclusiva "In Our Lives".
Rimane infine da segnalare l'eccezionale uso, in diversi pezzi dell'album, dei controcanti femminili che infondono ulteriore feeling, soul e groove ai vari brani. Brani che rendono "Cuttin' Heads" l'ennesimo episodio pregiato della discografia di John Mellencamp. Un'artista che, in ogni sua opera, non ha paura di mettere a nudo i problemi e le contraddizioni della sua grande nazione.
Carico i commenti... con calma