Questo disco rappresenta un traguardo artistico importantissimo nella carriera di John Mellencamp. "Trouble No More" è una coerente raccolta formata da dodici riletture di brani noti e meno noti estrapolati dalla tradizione folk e blues americana. "12 Authentic American Songs" riporta lo sticker sulla copertina del cd. Dodici canti che possiamo definire antichi e lontanissimi nel tempo. Canti che sono legati in modo indissolubile allo sviluppo della musica contemporanea e sulle spalle dei quali grava il peso di un alto valore storico e culturale. "Trouble No More" è l'ennesima idea vincente di John Mellencamp. In un momento in cui il suo paese sembra aver perso la via della ragione, del buon senso e della democrazia, l'ex Cougar compie un atto di vero patriottismo andando a ritroso nel tempo riscoprendo, attraverso la forza della musica vera, le radici antiche e i fondamentali valori dimenticati e nascosti dal cieco fanatismo. Egli non teme le critiche o i boicottaggi e decide così di scavare in profondità alla ricerca di quel suono arcaico che ha dato la faccia alla sua nazione, una faccia che cambia continuamente. Naturalmente, visto il suo temperamento unico e tutto particolare, Little Bastard sceglie una posizione scomoda proponendo un disco imprevedibile, autentico, sempre in bilico tra terra e radici e con una forte connotazione politica.

Nonostante l'idea di partenza sia comunque ambiziosa, l'ossatura di "Trouble No More" è assai scarna e il suo recupero delle radici bianche e nere della musica popolare del suo paese risulta alla fine un'idea assolutamente vincente. Mellencamp ci regala un'opera autentica dove la denuncia non è nascosta dietro inutili metafore ma è ben visibile ed è indirizzata ai signori del  potere e a quelli della guerra. Quelli stessi meschini individui che un certo Bob Dylan aveva aspramente criticato nella sua "Masters Of War" circa quarant'anni prima. Un pezzo che negli ultimi anni abbiamo anche ritrovato nel repertorio live dei Pearl Jam, tanto per chiudere il cerchio. Nulla, in questo prezioso album passa inosservato. John Mellencamp interpreta questi brani con sfrontatezza, attualizzandoli con grande mestiere e maestria. La sua voce, rovinata da milioni di sigarette, è nera, legata al blues, sporca e sincera. Robert Johnson, Woody Guthrie, Son House, Willie Dixon e alcuni traditionals con il testo riveduto, vengono affrontati e riletti con decisione, in modo autentico, senza fronzoli e con pochi strumenti. John non ha paura di sporcarsi le mani con il fango del Mississippi.

Il blues dell'iniziale "Stones In My Passway" del diabolico Robert Johnson, grazie alla chitarra del magistrale Andy York, sembra provenire da una vecchia e lercia cantina di Chicago. L'atmosfera in cui è immerso questo brano è già impagabile e ci conduce in un viaggio musicale a ritroso nel tempo con una sensazione tangibile di già vissuto che miracolosamente pervade, come uno spirito antico, tutto il disco. Lo stesso discorso vale infatti per "Death Letter" di Son House, "Down In the Bottom" di Willie Dixon e per il blues rabbioso del traditional "John The Revelator". Le interpretazioni della guthriana "Johnny Heart" e di "Baltimore Oriole" di Hoagy Carmichael risultano magistrali mentre le chitarre acustiche creano un tappeto sonoro intrigante per l'apocalittica ballata folk "The End Of The World". Curiosa ed inaspettata risulta la rilettura del brano più giovane del disco, "Lafayette" della bravissima Lucinda Williams. Mentre appaiono notevoli le versioni di "Teardrops Will Fall" e del lamento folk di "Diamond Joe" eseguite con un notevole piglio roots e con un bel controcanto femminile come contorno.

"Trouble No More" è quindi un'opera che possiede una doppia valenza. Una socio-culturale legata alla riscoperta delle radici della musica americana ed un'altra fortemente politica che emerge chiaramente nella finale "To Washington", un brano tradizionale al quale Mellencamp aggiunge un nuovo testo dove chiama alla resa dei conti i politici corrotti e il presidente George W. Bush, in cui la gran maggioranza della nazione non si riconosce più. Siamo infatti nel 2003 alla vigilia del famoso "Vote For Change Tour" di cui "To Washington" diventerà lo slogan e il brano simbolo.

Registrato tra il 10 e il 29 febbraio del 2003 presso il Belmont Hall nell'Indiana, "Trouble No More" è un mezzo miracolo. Pochissimi artisti sarebbero stati  in grado di sfornare un disco di tale valore senza correre il rischio di scendere nel banale o nella trappola della retorica spicciola. A John Mellencamp però ciò non accade perché, fortunatamente, la musica gli scorre nelle vene da sempre. E' grazie alla sua enorme sensibilità artistica e a quella dei suoi ottimi musicisti che "Trouble No More" risulta essere alla fine un disco impegnato, politico, populista, scomodo, aspro, duro, spontaneo, diretto ed essenziale. Un disco a suo modo immortale come le canzoni che contiene. Un'opera che merita un posto di prestigio tra i classici del genere.

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