Ricordo di averlo visto alcuni anni fa su qualche rete televisiva e ricordo anche che mi aveva fatto una buona impressione. Così ho deciso di tornarci su, non ricordandolo più, incuriosito dalla presenza di Robert De Niro, della bambina "prodigio" Dakota Fanning e del recente Premio Oscar Melissa Leo (apparizioni fugaci le sue).

Nascosto nel buio, fu girato nel gennaio del 2004 dal regista John Polson, abile mestierante del cinema d'orrore (quello certamente più soft), già cineasta di "Swifman". La storia che ci viene raccontata è quella di David e di sua figlia Emily, che dopo la morte della moglie/madre decidono di cambiare casa. Il suicidio di lei sembra far precipitare nella più totale depressione la piccola Emily, che come da copione dei film di questo tipo, avrà la conoscenza dell'amico immaginario, che puntualmente porta strani avvenimenti e situazioni ai limiti del razionale.

E' un po' un copione già visto quello di questo Nascosto nel buio, che fin dall'inizio si porta dietro reminescenze da ghost story fin troppo prevedibili e scontate. Sembra quasi che fare horror oggigiorno sia per forza legato alla storiella dei fantasmi, allo scatto sonoro ben posizionato. Eppure il film si era articolato in tutt'altra maniera, facendosi guardare con curiosità soprattutto per l'impronta psicologica dei personaggi (tutto è legato al lavoro del protagonista David). Inoltre il soggetto, grazie anche alla buona interpretazione di Bob De Niro, poteva risultare più che interessante, salvo poi la solita decisione di relegare tutto a quella che a tutti gli effetti finisce poi per trasformarsi nella casa infestata, sebbene la realtà sia tutta un'altra...

Quindi c'è un "colpo di scena" finale, anche se il risvolto della vicenda si percepisce fin troppo presto, quasi inevitabile per come ci vengono presentate le cose. Il film finisce così per diventare un qualcosa che non è ma che poteva essere, tanto che seppur incassando molti quattrini all'epoca (2004), molti sono stati i pareri negativi alla pellicola di Polson. La non completa riuscita è dovuta probabilmente anche alla "nuova cultura" dell'horror, cioè quella del prediligere le storie surreali, le tradizionali ghost story, al cinema d'orrore più ruvido ed essenziale, ormai distrutto dall'imperante falso moralismo del nuovo millennio.

Il risultato finale è un film ben girato ed impreziosito anche da una buona fotografia, in particolare per quanto riguarda la claustrofobia degli ampi spazi bui della casa. Per il resto una vicenda già vista mille volte e con un finale fin troppo prevedibile. Un prodotto di "nicchia" per coloro che amano il genere.

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