Curioso come talvolta l'età di tutti i partecipanti ad un progetto musicale comune differisca sensibilmente. E' un evento raro, e quando accade i risultati sono spesso eccellenti, prova del potere che la musica possiede di abbattere, tra le varie barriere, anche quella generazionale.
Questo grandioso trio ne è un esempio lampante: John Scofield, classe '51 alla chitarra elettrica; Steve Swallow, classe '40, al basso elettrico, e il giovane leone Bill Stewart, del '67 alla batteria.
Tre generazioni differenti a confronto, che riflettono epoche, stili e modi di pensare e suonare diversi, esperienze tra le più disparate che si fondono in un'ideale asintoto verso il raggiungimento della musica improvvisata “pura”, spontanea, idealmente libera da cliché e canovacci preimpostati.
Si pensi all'importanza del trio di Jimmy Giuffre con Paul Bley e il qui presente veterano Steve Swallow (che all'epoca suonava il contrabbasso), un trio che sfornò nel '63 il capolavoro di musica concettuale “Free Fall”, un free jazz ancora più rivoluzionario dei suoi predecessori, con sonorità surreali e misteriose...
Si pensi ai gruppi elettrici di Miles Davis nei quali militò dal '82 al '85 il giovane chitarrista John Scofield, il quale assorbì sicuramente l'esperienza come una spugna...
Si pensi infine alla New York degli anni '90 della Knitting Factory, fucina di giovani talenti della musica improvvisata contemporanea, realtà underground e stimolante che il prodigioso talento percussivo di un Bill Stewart poco più che ventenne si trovò a vivere e respirare.
Esperienze artistiche e di vita uniche, che qui convergono e si sublimano. Tre maestri divisi dalla differenza di età ma uniti da grande stima e dall'aver compreso la cosa più importante di tutte in questo campo: che la musica è condivisione.
Il disco oggetto di recensione, “En Route”, registrato nel dicembre 2003, ritrae la splendida performance dal vivo dei nostri al Blue Note di New York; parte la musica, e sono subito scintille!
L'iniziale “Wee” di Denzil Best, riceve un trattamento vivacissimo, ed è in evidenza immediata la caratteristica principale di questo gruppo: la leggerezza di suono unita a grande agilità e libertà ritmica. Stewart vola sul kit creando poliritmi e accenti azzeccatissimi per esaltare la resa musicale, Swallow fa sfoggio del suo inimitabile suono gommoso al basso elettrico, privo di sbavature e rimbombi, insinuante, impertinente, fraseggiando spesso e volentieri come fosse una chitarra, usando le note alte dello strumento, e Scofield conquista col suo timbro, un po' acidulo e ringhiante, leggermente distorto, con un anima di blues, rock e soul piena di carattere e una ottima abilità improvvisativa!
Davvero devastanti i brani “Name That Tune” (di Swallow), e “Hammock Soliloquy”, “Travel John” e “Over Big Top” (di Scofield), tutti pieni di alto livello di interplay, splendidi assoli, drive ritmico eccezionale e feeling. L'uso delle dinamiche è splendido, i tre sanno dosare i volumi perfettamente, e in particolare durante gli assoli di Swallow, nei quali Scofield si fa da parte, gli scambi (delicati o più aggressivi) tra il “giovane” Bill e il “vecchio” Steve sono da manuale. Ci si sente dentro la scuola dell'hard bop e dell'outburn, ma portata a livelli di finezza eccelsi grazie all'aver fatti propri gli insegnamenti di Tony Williams per la batteria e di Ron Carter, Charlie Haden, Richard Davis, Gary Peacock e Jaco Pastorius per il basso. Davvero strepitoso!
Nel disco non mancano, oltre a momenti di virtuosismo e maestria strumentale, anche momenti di raffinato lirismo, quali le ballads “Toogs” di Scofield e la famosa “Alfie” di Burt Bucharach. Qui i tre dialogano sottovoce, con Stewart che passa alle spazzole, suonate con eleganza e cognizione di causa, e Scofield sensibile e ispirato.
Disco consigliatissimo a tutti gli amanti di questi tre strumenti, e a coloro che vogliano un'esperienza d'ascolto immediata e piacevole ma priva di superficialità! Tra l'altro la durata generosa, che supera i 73', fa sì che il pasto sia ottimo e abbondante...
Voto 4.5
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