Come trovare la strada più semplice e chiara per definire e classificare la musica di Scofield?
Forse arditamente, e mettendo in gioco tutta l'impegno e lo sforzo mentale possibile, si può scendere al compromesso del
"funky/rock-jazz" con tanto sapore di pungente acidità. Riduciamo il tutto nell'etichetta "jazz lisergico", proprio per fare i neologisti.
E questo album ha tanto, ma tanto di lisergico!
Quando ascolti Scofield, hai subito l'impressione che a primeggiare sia quella frequenza così sprizzante che emerge dal resto dell'ensamble con una brillantezza esuberante e sicura, appunto tanto acida: la chitarra di questo geniaccio dell'Ohio è semplicemente Signora, e la band è tenuta a sostenere il suo cammino dolcemente, o meglio (il termine dolce non è per ora il più felice) accondiscendendo il leader in tutto il suo agito. Anche quando incontri titoli quali "Rule of Thumb" (per intenderci "la 5"), e l'eccitazione è forte perchè pensi di trovarti di fronte ad un brano scritto ad hoc per basso (e considerando l'atmosfera dell'album fino a questo punto, ne saresti veramente lieto), ti trovi invece ancora una volta in preda all'Ibanez del nostro baldo giovine, e ti dici che forse hai preso un bel granchio. (Poi hai modo di pensare che il basso dopotutto slappa - anche se con molta tranquillità - in gran parte del pezzo, e quindi il titolo non è poi così fuorviante...).
Ma veniamo con ordine.
Dicevamo dell'asprezza di questo album e, anche se non ci vuoi credere, "Techno" ti spazza via ogni dubbio: rimani colpito perchè proprio non si viene più a capo! E' il genere di tensione che ti fa pensare che stare su una gru a 10 metri dal suolo ti farebbe sentire meno sospeso. Ma la chitarra di John ti domina al punto di renderti impotente.
Nella titletrack forse può essere scovata (con molta abilità) un pò di quella dolcezza che prima abbiamo omesso: in effetti i toni si rasserenano e i pad non sono più così birbanti. Scofield ovviamente non demorde: nemmeno linee melodiche più "accessibili" e lievi riescono a corrompere il suo stile, che sembra intenso come un bicchiere di barbera.
Segue "High and Might", forse il brano dall'ascolto più leggero dell'album: le armonie si riducono decisivamente, e non ti senti più tanto sospeso, ma il tutto è così piacevole da poter essere ascoltato anche distrattamente in macchina. Cosa che non potrei mai dire di "Protocol". In questo caso le armonie sono addirittura mute: l'espressione del brano è affidata completamente ai soli e ad un tema spietatamente a-melodico. Devi accusare il colpo in silenzio, ma tanto dopo c'è la suscritta "Rule of Thumb", di cui non ho detto che è anche molto rilassante.
Il penultimo brano, "Picks and Pans" prepara ad una fine in grande stile: di nuovo colori acidi per una sezione ritmica spiccatamente rock.
E la grande fine arriva con "Gil B643", che personalmente adoro. Intrigante. Come al solito le etichette non vengono in mio soccorso, ma definirei questo pezzo incisivo come un diamante.
Sì, grande album. A che serve aggiungere che a produrlo è stato un tale Steve Swallow nel 1986? Anche quest'ultima informazione risulta superflua. Still Warm è praticamente musica atemporale, di cui non ti poni nè il se nè il ma.
Già dalle prime note abbiamo visto la riverenza che si deve a questo mega-big.
Vale ricordare le sue origini al fianco di Gary Burton, Mulligan, Cohbam? e ovviamente di Miles, che ancora merita di essere mensionato.
E' giusto mensionare anche Don Grolnick per textures armoniche che abbiamo visto uscire dalle sue tastiere, Darryl Jones e Omar Hakim, rispettivamente basso e batteria: un quartetto a quanto pare funzionalissimo per lasciare emergere tutto lo spirito solista di quest'album, che nemmeno a piccoli tratti è mai offuscato.
Promosso a pieni voti!
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