Un altro dei blockbuster più celebrati nel genere fantascientifico degli ultimi anni e un altro film che sostanzialmente punta tutto sulla spettacolarizzazione delle immagini e una certa drammaticità degna delle produzioni cinematografiche di James Cameron e che sarà molto presto giustamente dimenticato tanto dalla critica quanto dal pubblico.
‘Passengers’ è un film di fantascienza del 2016 diretto da Morten Tyldum e scritto da John Spaihts e che vede nel ruolo di protagonisti Chris Pratt e Jennifer Lawrence.
Il film ambientato in un futuro non precisato racconta il viaggio interstellare della astronave Avalon che dalla Terra trasporta 5.000 individui sottoposti a sonno criogenico fino al pianeta Homestead 2. I viaggiatori, tutti spinti a questo viaggio da ragioni diverse, saranno risvegliati dal sonno solo quattro mesi prima dell’arrivo e una volta su Homestead 2 daranno vita all’avamposto di quella che sarà una nuova colonia nello spazio abitata dagli esseri umani. La durata complessiva del viaggio? Circa 120 anni.
La storia tuttavia comincia molto prima. Mancano infatti circa 90 anni all’arrivo su Homestead 2 quando in seguito a uno scontro con dei meteoriti e causa dei guasti alla struttura dell’astronave, uno dei passeggeri, Jim Preston (Chris Pratt) si sveglia con largo anticipo sui tempi dal sonno e con la impossibilità di ripristinarlo. Jim a questo punto è solo e disperato nel mezzo dello spazio e nell’astronave deserta. Non può contare su nessuno e si rende presto conto che lui non arriverà mai su Homestead 2 ma morirà da solo prima della fine del viaggio. Di fatto l’unica interazione che egli riesce ad avere è con Arthur (Michael Sheen), il brillante e realistico robot che serve al bancone del bar e che dei bartender possiede anche la sensibilità e la proverbiale saggezza.
Dopo un primo periodo in cui Jim è completamente in preda alla disperazione, questi prova a distrarsi con le varie attività e possibilità offerte da una astronave all’avanguardia come la Avalon e si toglie lo sfizio di indossare una tuta da astronauta e lanciarsi nello spazio aperto, ma in breve egli crollerà psicologicamente e arriverà a pensare di uccidersi.
Cambia idea in maniera casuale quando scopre tra i passeggeri ibernati la giovane brillante e avvenente Aurora Lane (Jennifer Lawrence). Incuriosito dalla bellezza della ragazza ne guarda tutte le registrazioni fino a innamorarsi di lei e alla fine arrivare al punto di decidere di ‘risvegliarla’, anche se sa che questo impedirà anche a lei di portare a termine il viaggio. Pertanto decide di agire in modo tale che tutto appaia come una semplice casualità e a causa di un guasto, consapevole che se lei sapesse come è avvenuto il suo risveglio potrebbe odiarlo.
Una volta risvegliata Aurora fa la conoscenza di Jim e piano piano i due cominciano a stringere un legame sempre più forte, tanto che entrambi dimenticheranno qual è il destino che li aspetta e che cosa gli è stato tolto e si considereranno invece fortunati per quella ‘disgraziata’ circostanza e essere compagni in una esperienza così unica.
Poi le cose precipitano. Sia nel rapporto tra Jim e Aurora, che scopre la verità sul suo risveglio, che per quanto riguarda le sorti dell’astronave.
Il finale è per lo più carico di scene thrilling mozzafiato o presunte tali e alta tensione, alternati a momenti drammatici. Francamente è così inutile che non vale neanche la pena di essere guardato.
Potreste effettivamente smettere di guardare il film nel momento in cui Aurora scopre la verità sul suo risveglio e aggredisce Jim (arriva quasi al punto di ucciderlo) per averle mentito e per avere deciso per lei. Per non averle dato la possibilità di scegliere. Per averla uccisa.
A parte che questa è l’unica occasione in cui la Lawrence ha effettivamente le possibilità di ricordarci che è probabilmente la più brava attrice in circolazione, questo è anche il solo momento in cui qualche argomento di natura psicologica e sociale viene argomentato. Inevitabile pensare a questa situazione come applicata a cento, mille, milioni, miliardi di relazioni in cui qualcuno o più spesso qualcuna si possa ritrovare effettivamente incastrata e senza sapere che cosa la aspetti. Quando pensate di fare parte di qualche cosa di speciale ma l’amore è solo un trucco e in realtà siete intrappolati in qualche cosa da cui non potete fuggire.
In questo senso la loro solitudine diventa la metafora di qualche cosa di spaventoso e da cui non si può scappare. Jim non è sicuramente un uomo violento e la ha risvegliata perché era solo e disperato, ama Aurora ma è evidente che il suo amore la soffochi e la faccia morire dentro.
Ma il film di tutto questo se ne frega bellamente. Il regista non ha nessuna intenzione di osare e ci racconta alla fine la solita brava parabola sul viaggio interstellare che finisce bene e dove i bravi samaritani vissero tutti felici e contenti.
Una occasione mancata data la presenza di mezzi e risorse economiche pragmaticamente illimitate e di una attrice che secondo me è straordinaria ma ‘costretta’ nel ruolo proprio come il personaggio che interpreta. Accettabile l’interpretazione di Chris Pratt; completamente da dimenticare Laurence Fishburne...
La cosa migliore in definitiva appare essere proprio il personaggio di Arthur, il brillante bartender interpretato dal bravissimo Michael Sheen. Un personaggio dotato di arguzia e ironia e ovviamente grande saggezza ma pure caratterizzato da quella ingenuità tipica dei robot che forse è casuale, ma forse... Be’, forse dopotutto quel bartender sa veramente il fatto suo e in barba a ogni codice etico della robotica e le leggi di Asimov. Mi sbilancio e seppure in film diversi e ruoli e contesti completamente diversi, la sua personalità così forte e brillante mi ha ricordato Michael Fassbender in ‘Prometheus’. Bravissimo.
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