Chissà quante volte vi sarà capitato di vedere quegli interni contadini dipinti in quadri di poco valore: la tavolaccia di legno, le sedie, una scarsa illuminazione e quelle facce cotte dal sole intente a bere vino, a sbocconcellare un pezzo di pane o a giocare a carte.

“Uomini e Topi”, pubblicato nel 1937, é un rapido affresco della California rurale degli anni trenta, post grande depressione. É una scena già vista, forse in qualche vecchio western hollywoodiano, coi braccianti raccolti in un grande latifondo, gestiti e coordinati da un padrone vecchio-stile, con un figlio cojone sposato con un mezza-zoccola (il tema della donna tentatrice é fondamentale nel racconto e sarà sviluppato da Steinbeck ne "La valle dell'Eden", ben più voluminoso e cinematograficamente più importante).

"Uomini e topi" é una meravigliosa e tragica storia d'amicizia tra Lennie, grande e grosso e ritardato mentale, e George, piccolo e intelligente, che da sempre accudisce e gestisce la vita dell’amico. La loro stretta unione è frutto del sogno americano, di quell’ideale di libertà costruito sulla proprietà di un piccolo pezzo di terra dove affrancarsi dalla “schiavitù” operaia dei braccianti.

Sono cento pagine di vite umane che si dispiegano al lettore illuminate sia dal cocente sole del West nei campi che dalla tenue candela della baracca dormitorio. É un forte atto d'accusa sullo sfruttamento indiscriminato degli immigrati economici che partivano dai più poveri stati centrali verso l'Eldorado californiano (vi ricorda per caso qualche cosa? Se qualcuno fosse interessato all'argomento, consiglio la lettura de “I Nomadi”, una raccolta di fondi giornalistici scritti da Steinbeck che saranno le fondamenta storiche-sociali del suo capolavoro “Furore”).

“Uomini e topi”, nella traduzione di Cesare Pavese, incanta nelle pennellate naturalistiche, lascia a bocca aperta dopo le pagine finali, invita a una rapida seconda lettura, scorre placidamente su una prosa semplice ma ricca e minuziosa, bastona "senza se e senza ma" sulle questioni razziali legate allo stalliere di colore Crooks, segregato dal resto del gruppo. Siamo dalle parti del capolavoro, accessibile a ogni tipo di lettore che abbia un minimo di coscienza da solleticare.

John Steinbeck sfaccetta un gioiello che da ogni prospettiva regala riflessi abbaglianti. E anche alla luce fioca della lampada sul comodino della vostra camera da letto saprà regalarvi un minimo di chiarore interno così prezioso in questi nostri tempi bui.

Illuminatevi...

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