Non so da dove saltino fuori questi John Woo (loro dicono di essere alieni) ma certamente so dove sono finiti. Nel mio lettore. E da lì non vogliono più uscire.
Il loro garage a presa rapida roboante e ultraveloce colpisce al primo ascolto. Scatenàti nel suono e nella foga esecutiva, in "Compleanno pop svedese" fanno il verso a Jon Spencer, poi però ci ripensano e in "Searching" omaggiano alla grande la Blues Explosion di Orange.
La voce che sbraita incomprensibili testi, totalmente risucchiata nel vortice incrociato chitarra-tastiera è uno strumento aggiunto, una lama tagliente che attraversa le trame sonore.
In almeno metà dei pezzi del disco fanno capolino i Royal Trux, che avrebbero approvato alla grande il ritmo psicotico di "Gonzo" e "Sick Head".
Piacerebbe ad Alec Empire "Dinosauro", cavalcata industrial-punk trascinante e compatta.
A tratti l'album assume un taglio cinematografico anni '60, con inserti di dialoghi presi da film e un'atmosfera incalzante, spezzata da frequenti break rumoristici, quasi a voler lasciare il tempo di inquadrare la faccia dell'assassino, prima di ripartire più lo-fi e scatenati di prima.
Tarantino ascoltando "Clutz" potrebbe scrivere una delle sue sceneggiature.
I veneti John Woo con queste 17 tracce firmano un grande esordio, ossessivo ed eccitante come un pericolo imminente alle spalle, come la fuga da una gigantesca onda che sta per raggiungerci!
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