"One thing I’ve learned about Johnny Cash is that you don’t tell him what to sing."
- Richard Nixon -
Più o meno tutti, cultori del mondo musicale o meno, sono al corrente del celebre incontro, svoltosi nel dicembre del 1970, fra Elvis Presley e l'allora presidente americano Richard Nixon. Un incontro bizzarro, in cui pare che "The King" abbia chiesto alla massica carica degli USA un badge per "venire nominato" a tutti gli effetti un agente della narcotici dell'F.B.I. (con la probabile intenzione di viaggiare indisturbato in compagnia di qualsivoglia sostanza). Incontro, questo, sicuramente molto più aneddotico e simpatico da ricordare, rispetto ad un altro che forse non molti conoscono, ma che desidero riportare alla luce degli utenti del DeBaser.
Al cospetto di Nixon, infatti, si presentò John Ray Cash, per gli amici Johnny, nell'aprile dello stesso anno. L'invito era scaturito da un comune amico, un tale Billy Graham, e naturalmente prevedeva che Cash si esibisse alla Casa Bianca, in una breve performance privata; la quale, tuttavia, non fu la più significativa. Due anni dopo, nel luglio del 1972, Cash dimostrò di essere più di un banale cantante country, tutto lustrini e stivali da cowboy. L'occasione di questo secondo incontro si presentava più seria sin da subito; Cash si trovava a Washington per testimoniare di fronte a una commissione del Senato sulla situazione carceraria in America. Egli era reduce da diversi concerti in alcune famigerate prigioni americane, come quella di Folsom o San Quentin, e il tema delle condizioni dei detenuti gli era molto a cuore. Nixon colse l'occasione per invitarlo di nuovo nello Studio Ovale ad esibirsi, ma questa volta con una specifica richiesta per ciò che riguardava le canzoni da suonare. Il Presidente avrebbe chiesto a Cash di suonare un suo grande classico, "A Boy Named Sue", e due canzoni satiriche su hippie, manifestanti politici, e poveri, di stampo molto conservatore (per la cronaca, i titoli sono "Okie From Muskogee" e "Welfare Cadillac"). Ufficiosamente, Cash decise di non suonare le ultime due poichè non ne conosceva i testi nè gli accordi; ma la verità, che venne a galla dopo qualche tempo, è che non erano per nulla allineate con la sua ideologia. No signori, Johnny Cash non si trovava per nulla a suo agio nel cantare certe cose; e non fu un caso se sostituì quei pezzi con tre canzoni scritte di suo pugno, estremamente polemiche nei riguardi della politica americana del tempo. E, penso sarete d'accordo, ce ne vuole di fegato per spiattellare in faccia al presidente americano, in quel periodo così acuto di conflitto (con una guerra in Viet-Nam non ancora terminata) e di tensioni sociali, le proprie idee anti-militaresche e anti-perbeniste.
Il cantante sfoderò dei pezzi davvero grossi, ovvero: "What Is Truth?", canzone incredibilmente dylaniana che parla di una gioventù tormentata, in cerca di un senso e una verità ai tremendi fatti che vede accadere giornalmente; "The Man in Black", vero e proprio manifesto programmatico dell'ideologia di Cash, in cui elenca tutte le ragioni per cui si veste sempre di nero, quasi fosse a lutto per tutte le storture e le sofferenze del mondo; e, infine, "The Ballad of Ira Hayes", la storia del celebre marine americano di origini indiane che, di ritorno dal secondo conflitto mondiale, fu lasciato a sè stesso e morì alcolizzato e preda dei peggiori traumi post-guerra. Non esattamente tre canzoncine da cantare o ricevere a cuor leggero; i reporter presenti all'evento parlano di un Nixon che sorrideva tiratamente, ma sembra che in realtà fra i due non ci furono mai tensioni di sorta. Cash, con tutta la sua dignità, si rese disponibile e ben lieto di poter aiutare il proprio paese, fu colpito dalla gentilezza del presidente e affermò, da fervente cattolico, di pregare per lui e per il suo lavoro ogni giorno. Nixon, forse un po' sbadatamente, ringraziò Cash per il suo influsso positivo sulla musica e sui giovani, sul fatto che il country "non portasse i giovani ad azzuffarsi e a ribellarsi" grazie alle sue tematiche leggere; ho detto sbadatamente perchè Cash, nel suo repertorio, annoverava già diverse canzoni sui peggio criminali, cocainomani e reietti di ogni sorta, oltre a non essere stato lui stesso uno stinco di santo in gioventù.
Insomma, tutta questa pergamena per testimoniare un fatto unico, un esempio di coraggio e di militanza musicale senza troppi proclami o riflettori puntati; solo tanta serietà, tanta sobrietà, coscienza sociale e, soprattutto, onestà intellettuale. Perchè la voce stessa di Johnny Cash è forse la cosa più assimilabile alla sua personalità: schietta, profonda, viscerale, tormentata. Per ricordarci di "chi è lasciato indietro", oggi più che mai avremmo bisogno di tanti "Men in Black".
Grazie Johnny.
P.s.: potete trovare tutte le fonti audio-visive sul Tubo digitando "Nixon and Cash", sia per ciò che riguarda il primo che il secondo incontro.
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