Come un fulmine a ciel sereno, due domeniche fa un mio amico mi dice che Johnny Winter si sarebbe esibito qui in Sardegna al Rocce Rosse Blues Festival. Arbatax si trova molto lontano da dove abito io e il viaggio sarebbe stato lungo e faticoso.Ma poi mi sono chiesto, ma quando mi capita di vedere una leggenda vivente come lui, uno che ha duettato con Duane Allman, ha suonato a Woodstock ed ha prodotto uno degli ultimi capolavori del maestro Muddy Waters, cioè Hard Again? Partenza la mattina per Nuoro e poi verso sera si arriva al luogo del concerto. Davanti ai cancelli la gente sembra pochina davvero ma non mi lascio scoraggiare, purtroppo la fama del chitarrista albino in Italia e soprattutto nella mia isola non sono state mai stratosferiche. Il concerto dovrebbe iniziare alle 22 ma il Nostro si fa un po' aspettare ma la cosa non mi stupisce visto le condizioni di salute non proprio ottimali, visto che l'artrite l'ha colpito qualche anno fa.
Ma ecco che a un tratto entra un terzetto chitarra-basso-batteria che comincia a macinare rock blues strumentale, ma la sedia al centro del palco è ancora vuota. Il batterista si avvicina al proprio microfono e ci dice "ladies and gentlemen, please welcome the king of Texas blues, mister Johnny Winter", e il sessantaquattrenne siede sulla sedia e imbraccia la sua bianca e famosissima chitarra senza paletta e ci suona una Hideway si Freddie King giusto per scaldarsi le mani.
Il cantante e chitarrista ci delizia con più che buone performance di grandi classici (in ordine sparso) come una lunga e dilatata Black Jack di Ray Charles, Red House di Jimi Hendrix, Johnny Guitar, It's all over now , la grande Miss Ann di Little Richard e molte altre. Ma forse la più grande emozione è stata vederlo suonare nei due bis (Mojo blues e una grande Highway 61 di Bob Dylan) con la sua mitica Firebird suonata nello stile slide di cui è forse uno dei migliori della storia della chitarra blues insieme a gente come Duane Allman e pochi altri.
All'occhio salta fuori ovviamente la straordinaria magrezza e la immobilità dovuta alla malattia , ma all'orecchio tutto è diverso. Johnny ha un tocco che solo pochi chitarristi bianchi blues ancora in vita hanno, la velocità non è la stessa di un tempo ma alcuni trucchetti spettacolari ancora li sa togliere dal cappello (che letteralmente porta, ma che non copre i capelli ancora lunghi dietro la schiena). La sua voce, a sorpresa è sempre intonata e non cerca ovviamente di strafare.Un grande plauso va al bassista e al batterista che sapevano adattare la canzone alla scorribande soliste alcune volte magari troppo prolungate rispetto al previsto dal leader, facendo sembrare tutto liscio come l'olio. Johnny fa ottimamente il suo compito senza strabiliare ma l'emozione di chi come me lo idolatra va al di là del parere oggettivo della performance, e poi il sentir introdurre con estrema efficacia e con poche parole le canzoni, e sentire i suoi "thank you" e soprattutto il suo contare "one, two, three , four" per dare il tempo alle canzoni hanno dato quel tocco di umano al tutto. Per un fan come me un concerto indimenticabile e scusate se non sono stato molto critico musicale ma più ragazzino entusiasta davanti a un eroe personale come Winter. Per i non fan e gli amanti del genere che però non lo conoscono una prova molto buona. Grazie Giovannino Inverno.
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