Nel 1969 sul mondo del blues era piombato lui: Johnny Winter. Il suo primo omonimo album aveva fatto molto rumore e, potenzialmente, fatto nascere una stella.    

"Johnny Winter" era un bell'album di blues revival, ma niente di eccezionale per il genere. Quello che però spiccava era, oltre al personaggio, l'eccezionale tecnica chitarristica e soprattutto la sua splendida sofferta e inconfondibile voce.    

Un esordio buono ma non eccezionale, dicevo, ma l'anno dopo avvenno il salto di qualità: "Second Winter". Un album stavolta sì straordinario, a tratti entusiasmante, che proiettò definitivamente il bluesman albino nell'olimpo dei grandi del rock blues, un personaggio e un musicista che influenzerà generzioni intere.    

Confesso che durante il mio primo ascolto, ho avuto netta la sensazione che si trattasse di uno dei migliori album blues che avessi ascoltato fino ad allora, sensazione ridimensionata poi leggermente, ma sempre di un grandissimo disco si tratta. L'album (che vede l'ingresso del fratello Edgar al sax e alle tastiere) parte subito fortissimo con "Memory Pain", rock blues con un riff di hendrixiana memoria. Ma, pezzo dopo pezzo, quello che stupisce è la varietà di tutto il prodotto: subito dopo, infatti, arrivano pezzi stupendi come "I'm Not Sure", un blues molto contaminato dalle tastiere, "The Good Love", puro rock chitarroso in cui tutto il talento del texano viene fuori; e ancora, il divertente rock n' roll pianistico di "Slippin' And Slidin""Miss Ann", in cui adirittura emergono influenze soul.    

Con la cover di "Johnny Be Goode" si chiude la virtuale prima parte del disco, 6 pezzi stupendi da sentire tutti d'un fiato. Di originale c'è solo la seconda traccia a dire la verità, ma le altre, tutte cover, sono interpretate e stravolte magistralmente.     

Prime 6 tracce tutte bellissime dicevo, ma non che adesso arrivino pezzi non all'altezza però, a partire dall'altra cover famosa "Highway 61 Revisited". Le successive "I Love Everybody" (cantata da Edgar) e "Hustled In Texas" sono brani minori, ma solo perchè tornano ad un classico stile rock blues (infatti sono entrambe firmate Winter). Con "I Hate Everybody", dove tornano in primo piano tastiere e sax, e soprattutto "Fast Life Rider" si chiude il lavoro tornando nuovamente a livelli altissimi, con 2 pezzi ancora originali. Quest'ultima in particolare merita 2 parole: si tratta del brano più interessante ed entusiasmante di tutto il disco, una jam psichedelica di oltre 7 minuti dominata da chitarra e da una potentissima batteria.    

Il lavoro sarebbe finito ma anche le 2 bonus track "Early In The Morning" (nuovamente classico rock blues) e "Tell The Truth" (strumentale) sono veramente deliziose. E non bastasse ancora, nell'edizione legacy dell'album, è presente pure un secondo disco: "Live At Royal Albert Hall '70"... ma ci vorrebbe in effetti una recensione apposita.      

"Second Winter", doppio LP ricordato anche per la particolarità di avere solo 3 facciate, è uno degli apici del bluesman texano, perchè riesce a catturare tutto il suond del musicista nel suo momento migliore, dopo il blues revival dell'esordio e prima dell'hard rock successivo. Peccato solo per l'assenza di momenti acustici che erano stati i migliori nel precedente. Anche un momento di transizione, infatti dopo questo disco Johnny cambierà anche la formazione liquidando i suoi grandi compagni i viaggio fino ad allora (Tommy Shannon su tutti) per inseguire uno stile sempre più hard rock, come detto, a 2 chitarre. Oltre che in tempo per farsi qualche viaggetto con Muddy Waters, dopo essere entrato ufficialmente nella sua band.    

Non sarà uno dei più grandi album rock blues di sempre, o forse sì. Fate pure voi, per me è stupendo e da 5 pieno!    

Imperdibile.

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