1989: dopo le sbornie di successi ottenuti con "Slippery When Wet" e "New Jersey", dopo aver spopolato in America con le varie hair metal hit, da "Livin' On A Prayer", a "You Give Love A Bad Name", a "Lay Your Hands On Me", passando per le classiche ballatone strappalacrime, come "Never Say Goodbye", "I'll Be There For You", e "Wild Is The Wind"; e con le fatiche di due tour massacranti ancora ben presenti, I Bon Jovi decidono di prendersi una pausa. Siamo alla fine degli anni 80, la musica sta cambiando, da lì a pochi anni non resterà neanche il ricordo delle scena pop-metal-glam che aveva spopolato negli USA fino alla fine degli eighties (con protagonisti gli stessi Bon Jovi, per arrivare ai Poison, ai Motley Crue, agli Skid Row ecc..) e il gruppo decide di staccare per un periodo, lacerato da tensioni interne che, come ammetterà Jon Bon Jovi qualche anno dopo, avevano portato la band ad un passo dallo split. Periodo che Richie Sambora, lo stesso Jon Bon Jovi e David Bryan impiegheranno per la registrazione dei loro primi lavori da solisti.

Jon Bon Jovi, appunto, compose i brani che sono entrati a far parte di questo cd per la colonna solora del film Young Guns II, anche se poi l'unica canzone ad essere utilizzata nel film fu la più famosa "Blaze Of Glory".

Il genere che accomuna le 11 tracks presenti in questo album è un rock dalle forti tinte acustiche e western, che si palesa con maggiore evidenza nella title track, quasi una rivisitazione della Bonjoviana "Wanted Dead Or Alive" in versione però un po' più scontata e pop, e senza la carica hard che impregnava il fantastico assolo di quella canzone. Ma i veri capolavori del disco sono forse le meno famose "Blood Money", breve ballata acustica di appena due minuti in cui Jon sfodera una prestazione vocale da pelle d'oca, con un testo sicuramente toccante che tratta dell'amicizia poi tradita tra i protagonisti del film, Pat Garret e Billy The Kid, mentre le dolci note di chitarra accompagnano la sua voce in un crescendo di intensità e passione.

Gli stessi temi li ritroviamo anche in "Santa Fe", altra ballata, anche se questa volta sinfonica, che è sicuramente un'altra gemma per intensità e phatos,in cui Jon tocca forse il punto più alto della sua lunga carriera da singer, in una canzone che di certo non sfigura a confronto con le più famose "Bed Of Roses" e "Always", che avranno un grandissimo successo commerciale da lì a pochi anni. L'altra grande song presente nel disco è "Bang A Drum", altra ballata dai cori quasi gospel che colpisce ancora una volta per l'intensità del cantato e per un testo in cui Jon sembra lontano anni luce dagli "whooo" di cui abusava in alcuni dei suoi più grandi successi degli eighties, lasciando il segno invece con un testo non banale, quasi alla Bruce Springsteen (ma non voglio essere riduttivo) in cui spiccano le parole che introducono il bridge "I don't claim to be a wiseman, a poet or a saint, I'm just another man who's searching for a better way. But my heart beat loud as thunder, for the things that I believe, sometimes I wanna run for cover, sometimes I wanna scream..", prima che il chorus finale e i cori ci accompagnino alla fine di questa bellissima canzone.

Ecco, sempre a proposito di Bruce Springsteen, si può citare "Never Say Day", una rock song sicuramente molto carina e orecchiabile, che sembra uscita da "New Jersey" e che ci rimanda direttamente a quella "Blood On Blood" che in molti avevano accostato allo stile (soprattutto vocale) del Boss. Un altro po' di rock in questo disco lo possiamo ritrovare nella sperimentale e particolare "Justice In The Barrel", nel rock'n'roll grezzo di "You Really Got Me" e nell'opener "Billy Get Your Guns", altra song carina ma che certo non svetta all'interno dell'album". Maggiormente riuscite sono invece le ballate "Miracle", canzone discreta di cui fu realizzato anche un divertente video clip, e la conclusiva "Dyin' Ain't Much Of A Livin'", ballad che evoca atmosfere da saloon western e  bottiglie di whisky, ma che senz'altro si lascia ascoltare sempre con piacere.

Finisce con la strumentale "Guano City" questo Blaze Of Glory, primo disco solista di Jon Bon Jovi, che ci mostra la faccia più intimista e cantautoriale del cantante, che sicuramente era rimasta in secondo piano nei lavori prodotti con la band, e più tendenti alla musica mainstream e da classifica. Ed è proprio per questo motivo che "Blaze Of Glory" ad ogni ascolto soprende per la sua freschezza e le sue atmosfere evocative, e potrebbe riscuotere i successi anche di qualcuno che non ha mai amato le produzioni dei Bon Jovi. In seguito a questo cd, Jon tornerà protagonista insieme ai Bon Jovi con gli album "Keep The Faith" (1992) e "These Days" (1996), che seguirà di un anno il best of "Crossroads" e il successo planetario di "Always". Jon Bon Jovi invece proseguirà la sua carriera solista nel 1997 con l'album brit pop "Destination Anywhere", sui cui forse è meglio non soffermarsi troppo, perché sfigura davvero tanto in confronto a questo lavoro, che rimane il massimo livello artistico toccato da Jon Bon Jovi e, perché nò, anche a livello vocale.

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