"Per i veggenti, o uomini di conoscenza Toltechi, la stregoneria è l'arte di manipolare la percezione e non ha nulla a che vedere con quanto di negativo si intende in occidente con lo stesso termine. Gli stregoni o sciamani Toltechi mirano alla libertà. Per raggiungere questo fine non eseguono strani riti e incantesimi e non creano pozioni magiche, poichè sarebbero atti privi di senso." da C.Castaneda

 

In questo caso lo sciamano è Jon Hassell americano e non tolteco. L'uomo che ha in se il dono di manipolare con la sua musica la percezione, una musica che esce da un universo sulfureo, caldo e tropicale, un universo dove la psidechelia come esperienza all'ucinatoria trova meglio le sue connotazioni anche culturali, connotazioni per intenderci che si rifanno alla esperienze di un altro sciamano occidentale, tale Aldous Huxley.

La musica è plasmatica, tribale percussiva, sette composizioni che hanno un incedere ipnotico, tutto filtrato dalla tromba di Hassell e accompagnato da un manipolo di musicisti, Brian Eno, Michael Brook, Richard Horowitz per citarne qualcuno, in perfetta armonia anzi in osmosi, osmosi musicale che porta l'ascoltatore in uno stato di trance.

Le composizioni non si differenziano molto l'una dall'altra, ma per chi è appassionato di nozioni posso citare "Passage D.E.", "Solaire" o "The Elephant and the Orchid", in realtà l'album è un unicum diviso in sette capitoli. Questa non è una recensione e non potrebbe mai esserla, è un appunto di viaggio di un esperienza vissuta per 50 minuti, un'esperienza che mi fa musicalmente vivere ogni qualvolta lo ascolto, andandomi a toccare le corde più profonde e intime del mio essere, un linguaggio che coinvolge l'emisfero essoterico (avete letto bene non esoterico).

Il CD è finito, l'incantesimo siè dissolto, chissà se Castaneda aveva mai ascoltato Hassel.

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