Questo è l'aggettivo che ho sentito con maggiore frequenza nei commenti al film subito dopo la visione al cinema. «Qual'è il punto?» anche sembrava abbastanza quotato. Jonathan Glazer torna con un terzo film, distrutto nel 2013 a Venezia, mediamente lodato dalla critica internazionale e meno da quella italiana, che pone al centro dell'attenzione una Scarlett Johansson dal look inusuale che interpreta un'aliena dalle sembianze umane intenta ad attirare con l'inganno della seduzione ignari uomini nella sua trappola mortale. È naturale credere che le critiche siano dovute principalmente all'avanguardismo dell'opera, che risulta effettivamente piuttosto inusuale sotto diversi punti di vista. Resta da capire come mai un tipo avanguardia a mio avviso ben gestita e interessante venga messa in croce in questo modo, ma non è comunque questo il momento di chiederselo.
Under the Skin si presenta come un film di fantascienza. Del resto, gli elementi principali ci sono: la protagonista è un'aliena, ha una missione ben precisa sulla terra, accadono cose piuttosto fantascientifiche. Tuttavia, a conti fatti, non mi sento di dire di aver guardato un film di fantascienza. Non lo so nemmeno io che cosa penso di aver visto, a dire il vero. Sicuramente qualcosa di piuttosto singolare, globalmente freddo, confuso, esteticamente interessante, strutturalmente irregolare. Alcuni hanno accusato il film di essere «monotono» o «ripetitivo». Ebbene, anche io ho temuto che sarebbe finita così, giunto alla terza ripetizione di una medesima scena, ma poi le cose cambiano. Sulla monotonia possiamo invece discutere, nel senso che esiste qualcosa dall'evoluzione piatta che pervade il film, e si tratta dell'emotività. È chiaramente una scelta voluta e drasticamente applicata, ma il film non lascia lo spazio a quasi nessuna compassione, nessuna deviazione dall'opprimente realtà. Addirittura, nella prima parte, quasi non esiste una evoluzione del personaggio principale, un cambio di rotta nella storia, nulla di tutto ciò. È un film oscuro, che tale rimane per tutta la sua durata, e non concede sconti a nessuno. Si può parlare, quindi, anche di un film "freddo", che decisamente con difficoltà commuoverà uno spettatore, ma non per questo fallirà nel colpirlo o coinvolgerlo. La trama, in fin dei conti, è alquanto semplice, a tratti pericolosamente al limite col banale, ma che mantiene infine una propria identità intatta. L'erotismo è spesso presente, ma si tratta anche in questo caso di qualcosa di assolutamente distante dal sentimento, di puramente strumentalizzato… a parte in un caso, in cui, guarda caso, le cose finiscono male. L'evoluzione dell'intreccio, se di intreccio si può parlare, è riassumibile in poche righe (si tratta in questo senso di un film anche abbastanza "lento") e pare non voler portare da nessuna parte. Alcuni si sono lamentati del fatto che il film non avrebbe senso. E allora mi devono spiegare che senso ha l'arte, se non quello di esistere.
Formalmente parlando, il film si distingue principalmente per due aspetti: una regia molto interessante, curata, con degli spunti di ottima fattura e una colonna sonora devastante, perfettamente calzante con la gran parte delle scene e grandemente funzionale all'atmosfera generale. Per quanto riguarda la regia, la pellicola parte subito con una sequenza di notevole spessore, che fin da subito rimanda indiscutibilmente (anche per l'accompagnamento musicale) ad un certo capolavoro di Kubrick. Non sarà certo l'ultimo riferimento. Nel corso del film, Glazer si è occupato di disseminare piccole e grandi perle che colpiscono soprattutto per ricchezza estetica. Si nota spesso l'influenza dei trascorsi da regista di videoclip, con la presenza di scenari onirici asettici, l'insistenza della colonna sonora, una certa illinearità nel montaggio, la scarsezza di dialoghi e accorgimenti del genere. La musica è, in secondo luogo, un altro grande fattore di rimando a 2001, presentando dissonanze piuttosto prominenti, anche se non al livello di Ligeti, pur sempre mantenendo una certa melodicità. Udire questo tipo di musica all'interno di un film riesce già a far capire che non si tratta di un'opera creata per il grande pubblico, ma, bene o male, per una cerchia abbastanza elitaria, in grado di essere abbastanza aperta mentalmente da apprezzare il film e riconoscere in tale tipo di musica qualcosa di famigliare. Una menzione di merito anche agli effetti sonori e in generale la cura del comparto sonoro, di tutto rispetto!
C'è da dire che la sceneggiatura presenta delle possibili lacune laddove rende alquanto difficile la comprensione del film. Va bene essere impliciti, ma secondo quale criterio dovremmo dedurre che l'aliena manda gli umani che adesca sul suo mondo affinché vengano mangiati, come viene spiegato nel romanzo di riferimento? Forse nel film non è nemmeno così, fatto sta che non è chiaro. Si tratta di un film che gioca molto sul non verbale, e in questo senso la sceneggiatura è perfettamente scritta. Tuttavia, talvolta i silenzi del film non sono abbastanza eloquenti da spiegare certe cose che avvengono, ma che vengono taciute o date per scontate. Vediamo un'aliena in un corpo da umana che, oltre a quel poco che le è stato insegnato, non sa nulla su di sé, sulle sue possibilità e necessità da umana. Eppure, non ci è dato di sapere da dove venga, e potremmo farcene una ragione, ma nemmeno quale sia il suo scopo, perché agisca come agisce, chi sono i suoi compagni… molte poche parole, il ché è interessante. Ma molto poche spiegazioni?
Dunque, traendo le somme, con Under the Skin ci troviamo innanzi ad un film semplice e complesso al tempo stesso. Sicuramente non è un film per tutti e si tratta più di un'esperienza visiva che di un film nel senso più convenzionale del termine. Sono da lodare la regia, il comparto sonoro (musica compresa e sottolineata), il non-verbalismo e il coraggio di esistere. Non fuori luogo è anche la recitazione, che per la verità risulta piatta solamente per ragioni contestuali all'opera. Tuttavia, al termine dell'esperienza, sembra come se qualche cosa mancasse, se ci fosse qualcosa che non è andato del tutto dritto… ancora una volta la verità si trova nel mezzo: non si tratta di un capolavoro indiscusso e Glazer non è proprio l'erede di Kubrick (come qualcuno ha azzardato), ma non si tratta nemmeno di un film pseudo-intellettualoide pretenzioso, ma carente nella forma e insensato nella sostanza. Si tratta altresì di un film che merita certamente di essere visto in quanto esperienza inusuale, esteticamente interessante, puramente cinematografico più di molti altri film che dimenticano quale sia il potenziale comunicativo di immagini e suoni, puntando solamente sulla voce e sull'esplicito.
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