"Blue songs are like tattoos"
aveva appena finito di sussurrare Joni nella title-track di quel piccolo, portentoso testamento poetico che era "Blue" (1971); disco epocale, preludio a una serie di prove musicali tutte nate sotto il segno di un'autobiografia confessionale, culminata nel 1976 con la meravigliosa allegoria della fuga da se stessa di "Hejira". Tristi, malinconiche, indelebili come tatuaggi le canzoni di Joni; ma proprio come loro, compagne di viaggio e di un'autoconsapevolezza - "We're only particles of change, I know, I know / Orbiting around the sun / But how can I have that point of view / When I'm always bound and tied to someone"
("Hejira") - che è anche conforto, consolazione.
Cifra poetica di questo percorso nella ricerca di un sé più profondo è, in Joni, il doloroso confronto con gli inevitabili alti e bassi delle relazioni affettive, un "high and low" investigato con dolce malinconia nei solchi di "Court And Spark". E non è forse un caso che questo sia stato anche il suo album di maggiore successo commerciale; Joni riesce in un solo colpo a rivoluzionare il suo sound, virarlo verso le spirali liberatorie di un jazz-rock che di lì a poco avrebbe fatto scuola, pur mantenendo intatta e vividamente dolente, sul piano tematico, la disanima di tutto quello che l'amore regala e subito toglie ("Pleasure moves on too early / And trouble leaves too slow"
, "Down To You").
In realtà un assaggio del nuovo stile - che sempre più allontana l'autrice di "A Case Of You" dalle sue radici folk-rock - aveva già fatto capolino tra le pieghe della fatica precedente, quel mirabile snodo che è "For The Roses"; lì, nella conclusione di "Blonde In The Bleachers", la band a suo seguito si abbandonava a passaggi 'free' che non sfigurerebbero certo in un immaginario medley con la nuova "Car On A Hill". E cosa dire della voce della signora canadese? Al di là dei più evidenti, ma ancora non autocompiaciuti, esercizi di bravura (la rivisitazione di "Twisted" è una piccola anticipazione del progetto "Mingus"), come è possibile non lasciarsi coinvolgere da certe modulazioni di stampo quasi beatlesiano (provare, per credere, il verso "Love is gone / Written on your spirit this sad song"
, ancora in "Down To You"), o dai sensuali e languidi acuti di "Same Situation" ed "Help Me"?.
Anche se in fondo, forse, è l'apparente linearità melodica di una "People's Parties" - quasi una tela in cui l'introversa Joni tratteggia una ad una le sue fragilità nel confronto con un mondo gonfiato di apparenze - a non tradire le aspettative di chi insegue un'artista di cuore e di testa.
Carico i commenti... con calma