Ho letto qualche cosa a proposito del tour di "Court and Spark" da cui fu tratto questo "Miles of Aisles".

Pare che prese il via dopo alcuni anni in cui Joni Mitchell si era ritirata dalla scene. Mi è parso di capire che si trattò di un momento di crisi. Nella sua testa bollivano un po' di cose a quel tempo, c'era il fatto che lei non voleva più essere considerata uno dei simboli del movimento hippy,  e c'era il fatto che la sua musica era diventata qualcosa di troppo personale e lei non si trovava più a suo agio a proporla di persona davanti ad un pubblico. Arrivò anche al punto di pensare che non si sarebbe mai più esibita.

Per farle ritrovare la confidenza necessaria per riprendere l'attività live le ci voleva alle spalle una band con cui si trovasse in sintonia e con cui dare alla sua musica una veste nuova. Evidentemente la The L.A. Express. del sassofonista jazz Tom Scott riuscì a dimostrarle di disporre delle qualità giuste per ottenere entrambi i risultati, perchè fu con quella band che riportò finalmente le sue soavi chiappe su un palco.

Considerato questo stato di cose, confesso di non capire la scelta fatta di rimpinzare il disco documento di quel tour con pezzi eseguiti in acustico alla vecchia maniera: lei sola, la sua voce e lo strumento con cui si accompagna (chitarra, piano o dulcimer). Il disco contiene parecchio materiale, alla sua uscita venne pubblicato come doppio vinile. La parte acustica ne occupa circa la metà (i lati 2 e 3 del buon vecchio vinile), i pezzi che ne fanno parte sono venuti fuori un po' troppo fedeli alle versioni in  studio, manca la varietà che ci si attende da un'esecuzione live. Insomma mi sembra una scelta un po' in contraddizione con quella che ho letto essere la necessità di rinnovamento sentita di Joni Mitchell in quel periodo .

La L.A. Express è protagonista del primo lato del vinile, e si tratta della parte del disco che preferisco. Quattro canzoni caratterizzate da arrangiamenti particolarmente azzeccati a mio parere, che donano loro una vita tutta nuova. Piacevolissimo r&b per quanto riguarda  "You Turn Me On, I'm A Radio", "Big Yellow Taxi" e "Woodstock". Quest'ultima in particolare viene parecchio rimaneggiata rispetto alla versione in studio, sia sotto l'aspetto ritmico che nella corposità della musica, anche la melodia della linea vocale viene modificata. Il risultato finale è molto bello nonostante sia andata persa l'atmosfera onirica che caratterizza l'originale. Qualcuno ha voluto trovarci un'influenza della cover ad opera di "Crosby, Stills, Nash & Young", personalmente invece le trovo due versioni dello stesso pezzo molto diverse tra loro.

Sul primo lato si trova anche il pezzo che considero il più interessante del lotto: "Rainy Night House". Arrangiamento pop-jazz, voce di Joni Mitchell capace di evoluzioni niente male, e come ciliegina sulla torta un passaggio strumentale in cui la musica vira decisa all'interno del territorio del jazz.

La band torna a riaffacciarsi timidamente con l'assolo di clarinetto in coda a "Both Sides Now", alla fine del lato 3, per poi dire la sua in modo di nuovo deciso sul lato 4, ma non con gli stessi risultati del lato 1 a mio parere. Scorrono in successione "Carey" e  "The Last Time I Saw Richard", la prima caratterizzata da un arrangiamento secondo me poco azzeccato sotto l'aspetto ritmico e la seconda eseguita con un accompagnamento un po' leggerino che non riesce a metterla in una luce diversa dalla versione in studio. Chiudono il tutto due pezzi inediti all'uscita del disco: "Jericho", carina ma un po' soporifera e soprattutto invisibile di fronte alla versione di "Don Juan's Reckless Daughter", e "Love or Money" che non riesco proprio a farmi piacere, non saprei che altro dire.   

Uno dei tanti motivi di interesse per questo disco lo si può trovare nella possibilità di sentire la voce della Mitchell con un timbro ormai maturo su pezzi del primissimo repertorio.

La musica presente sul disco proviene principalmente da "Blue", "Ladies of the Canyon" e "For The Roses", probabilmente perché, prima di quel tour, non era mai stata proposta in concerto.

Visto che per quanto riguarda Joni Mitchell live, il 5 è per me rappresentato da "Shadows and Light", facendo le proporzioni questo dovrebbe essere un tre e mezzo. Io però meno di quattro a lei non riesco a dare. Quattro quindi, non per la qualità della musica, ma per la poca varietà rispetto ai dischi in studio precedenti.     
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