All'indomani del noto incidente d'elicottero del 1990 che privò il mondo del talento cristallino di uno Stevie Ray Vaughan all'apice della carriera, alcune fra le maggiori labels americane specializzate in blues-rock si misero immediatamente alla ricerca di qualcuno che potesse almeno in parte colmare il vuoto lasciato dal chitarrista di Dallas, di axeman capaci di soddisfare le richieste di un pubblico sempre più folto di appassionati di "hard-blues" sviluppatosi in quegli anni grazie soprattutto alla fulminea carriera discografica di mister SRV. Nessuno fra i molti nomi messi sotto contratto nei primi '90 andò vicino a soddisfare tale richiesta quanto lo fu un biondo adolescente del North Dakota venuto fuori dal nulla verso la metà del decennio e che rispondeva al nome di Jonny Lang.
Nel momento in cui scrivo Jonny Lang, benchè appena trentenne, è un musicista discograficamente ritenuto sul viale del tramonto già diversi anni, eppure il ragazzo aveva del talento e a dimostrarlo vi è questo suo secondo lavoro discografico "Lie To Me" del 1997. Appena sedicenne, l'enfant prodige di Fargo, mostrò attraverso quest'album quanto non sia fondamentale portare sul groppone decenni di sofferenze di ogni tipo per suonare del blues in maniera credibile, o almeno non quanto lo sia possedere l'intenzione e l'attitudine giusta oltre che la conoscenza della tradizione del genere e dello stile dei grandi del passato.
In questo disco la voce e la chitarra di Lang appaiono molto vicine a quelle di un bluesman consumato: il suo fraseggio chitarristico benchè molto legato ai tipici clichè del blues-rock riesce ad abbracciarne le molteplici sfaccettature, risultando vario, viscerale e senza troppi fronzoli ma non per questo approssimativo. Le maggiori influenze stilistiche di Lang all'epoca dell'incisione sono individuabili oltre che nel già citato SRV, in alcuni padri del blues elettrico fra cui Albert King e Albert Collins piuttosto che nello stile dell'eccentrico chitarrista funky-blues Hiram Bullock.
La title track "Lie to me" può essere considerata il classico singolo per le radio il cui video andò anchè in heavy rotation per diverse settimane sulla principali tv musicali americane ed europee, un brano basato su di una trascinante ritmica funk e accattivante ritornello con cori R'n'B. Ottime anche le rivisitazioni dello standard blues "Good Morning, Little School girl" di Sonny Boy Williamson e dell'energico boogie "Matchbox" di Ike Turner; mentre "A Quitter Never Wins" è un'intensa ballatona slow blues stile "The Sky is Crying" in cui Lang sfodera un gran suono ipersaturo di Telecaster. Valida anche la rasserenante "When I Come To you" che può ricordare certe cose del Clapton più pop. Le 12 tracce dell'album si avvicendano piacevolmente grazie anche ad una produzione ben curata e alle ottime performance dei musicisti della backing band, in particolare quella del pianista Bruce McCabb autore tralaltro della maggior parte dei brani. Da qui in poi Jonny Lang non saprà più ripetersi a questi livelli, se non in parte nel successivo album e secondo chi scrive meno ispirato "Wander this World", una rapida discesa verso una "nicchia eccellente" con quache sporadica riconsacrazione (il Grammy del 2006 ottenuto però in ambito Gospel). Jonny Lang resta tutt'oggi un'eterna promessa della seicorde blues, un talento incompiuto che essendo però ancora in giovane età può avere ancora molte frecce al suo arco.
Nulla di originale e innovativo a livello di contenuti in questo "Lie to me", semplicemente un bel disco da ascoltare e riascoltare, magari in veranda con un paio di birre ghiacciate.
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