Jordan Rakei
Cloak

Debbo ammettere di essere rimasto ammaliato da subito, dopo una manciata di secondi. E debbo ammettere di non aver mai usato debbo prima d'ora.

È successo tutto una Domenica mattina, a svegliarmi credo sia stata la poliritmìa acquefatta di Theta State. Come dicevo: pochissimi secondi per attirare la mia attenzione, mi precipito a chiedere spiegazioni ma la natura è più forte di me. Molto più forte di me. E quindi continuo l'ascolto sonnecchiando sulla tazza, lasciando la porta aperta per la felicità di marti.

Una combinazione di contaminazioni ed un risultato del tutto inaspettato: faccia piena di goduria e goffe movenze di bacino, con un solo pensiero in testa -oh sì beibe, è così che lo vuoi beibe, perché tu lo vuoi beibe, oh sì lo vuoi beibe-.

Apertura poderosa: Midnight Mischief apre le danze di un disco estremamente soul, parzialmente r'n'b, rigorosamente e perfettamente eseguito. L'ingegneria sonora mi rimanda inevitabilmente a quei vinili incomprensibili ed introvabili di mio padre, quell'Acid Jazz di inizio novanta, quando pensavo più che altro a perché avessero tolto dal mercato la Fiesta ricoperta di mandorle. Quell'Acid Jazz di inizio novanta, che in alcuni interventi si ritrovava anche in un disco tanto genuino quanto di successo mondiale come The Space Cowboy; nelle sue keyboards, nei suoi frequentissimi majorseven, nel suo delicatissimo drumming e nel groove pieno di manierismo e gusto al contempo.

Ammesso che decidiate di buttarci un'orecchio, e che non lo riteniate sterco equino fumante sin dalle prime note (possibile), vi imbatterete in una progressiva accelerazione di bpm completamente al naturale, pulita tanto da sembrare di plastica, non nella sua accezione negativa, dove si sottolinea un intento artefatto, privo di cuore, bensì a dimostrazione di una totale empatia con lo strumento. Si stanno scopando gli strumenti in una semi-presa diretta bomba. Leggere le lettere comunque serve a poco. Meglio zitto > ascolta.

Il tizio lo tengo ben d'occhio e d'orecchio. Debbo.