"Mollo tutto" è una commedia italiana, con regista italo-spagnolo e risale al 1995. Il bravo Renato Pozzetto all'ennesimo film da protagonista ci commuove e ci fa riflettere con una serie di questioni sempre attuali e lo fa attraverso una pellicola smaccatamente leggerina e popolare. Per esempio: chi non vorrebbe mandare al diavolo la routine di tutti i giorni, fatta di lavoro e problemi famigliari, traffico e governo decadente, amanti lamentose e noie quotidiane?
Il protagonista è un proprietario di una salumeria a Roma ed è sposato con la D'Urso, che nel film è abbastanza sexy (ma da quando è finita a fare la patinata al grande fratello ha perso tutta la mia stima) ed ha una figlia che frequenta personaggi di dubbio gusto, più un'amante polacca. Non si capisce bene che cosa si innesti, quale oscuro meccanismo di esasperazione suburbano porti il protagonista a disfarsi della propria identità, famiglia e lavoro ed appunto mollare tutto per andarsene al sole del nordafrica e vivere in una villa che si affaccia sul mare mediterraneo. Sta di fatto che con documenti falsi, da africano, si fa espellere dal belpaese e con l'aiuto di una fantomatica società di trasferimento denaro si fa accreditare tutto sul conto tunisino. Peccato che una volta arrivato in Africa scopra di non avere un solo centesimo: la società lo ha truffato lasciandolo in mutande. Non potendo realizzare il suo obiettivo di serenità esistenziale decide allora di accumulare denaro e tornare in Italia. Solo che all'ambasciata non viene considerato come italiano, presentando infatti i documenti falsi da africano. Dopo una serie incredibili di occupazioni temporanee come il pizzaiolo canterino, il cameriere, l'orologiaio si ritrova comunque costretto, dopo esser stato derubato dei risparmi accumulati, a tornare da clandestino. Il viaggio è un po', tra puzzo di piscio e disperazione, il racconto di quello che tutti i giorni migliaia di disperati tentano di portare a termine per condurre una vita migliore.
Non c'è presunzione, ma delicatezza, nel mostrare dal punto di vista dei derelitti una realtà effettivamente marginale. La verità non è facile a sapersi. Pozzetto si porterà con se un bimbetto africano, o meglio, il bimbetto africano scapperà con Pozzetto, in Italia, e lo accompagnerà fino a Roma in questo viaggio disperato. Tornati in Italia Pozzetto ed il bimbo condividono una realtà di accattonaggio ed espedienti, lavando vetri alle auto, dormendo in mezzi abbandonati e vendendo rose nei ristoranti. Il legame che si crea tra il piccolo e Renato è intenso e tenero. Pozzetto scopre che la moglie, dopo la sua fuga, s'è fatta ricca ed imprenditrice, aprendo una mega gastronomia. Riconoscerà suo marito, ma farà paradossalmente finta di non riconoscerlo (solo una barba differenzia il Pozzetto afro da quello italo) e lo tirerà in casa come domestico. Pozzetto si riscoprirà nonno e uomo di casa e geloso di una donna che aveva abbandonato. Non si lascerà mai andare, forse per vergogna, a una evidente verità, con moglie e figlia che se la ridacchiano alle sue spalle facendolo impazzire con mille dispetti. Il tutto è un po' paradossale e forzato, ma i film di Pozzetto sono così, un po' grotteschi, leggeri, battutari e scanzonati. Il bimbo africano, li per li abbandonato soffrirà molto, ma non sarà dimenticato quando poi alla fine, la moglie, taglierà il barbone al marito e gli farà credere che è stato tutto un sogno. Piccola assurdità, ma tutti faranno finta di nulla.
Se il film vuole avere un effetto documento, ci riesce solo marginalemente, ma l'attore è così simpatico che ti viene da chiudere un'occhio e sorridere intenerito. Pozzetto è una sagoma incredibile, ormai assoluto simbolo di un certo tipo di commedia pecoreccia all'italiana, ma è decoroso, brillante ed "agile".
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