Questo è il folgorante esordio di Joseph Arthur, pubblicato dalla Real World di Peter Gabriel, un disco maturo composto da 12 canzoni speciali con dei testi incredibilmente poetici, ironici e pungenti.
Si è cercato di paragonare l'arte di Arthur a quella di Jeff Buckley, Kurt Cobain, Bob Dylan e Leonard Cohen ma etichettare uno come Joseph Arthur significa non capirlo e non ci sono parole migliori di quelle usate da lui per autodefinirsi: "Qualcuno che lotta per guarire da una crisi d'identità suonando folk-rock sperimentale".

Le sonorità usate da Arthur sono sbalorditive, usa i suoni come se fossero dei colori e dipinge con le note le sue visioni e paranoie più nere. Lungo queste tracce passano in rassegna così amori finiti, case in fiamme, mutazioni kafkiane, religiosi senza fede, eroinomani, bottiglie di shampoo.
Big City Secrets è il gran segreto della magia della musica, la ricerca della comunicabilità, dell'unione tra il cantore e il suo ascoltatore e tutto l'album è invaso di questo concetto, di questa "sotto-trama".
Il concetto della comunicabilità è molto forte in Birthday Card, una delle canzoni più belle dell'album, che ha come sfondo una storia d'amore finita, dove lei e lui si scambiano le proprie sensazioni e sentimenti su biglietti di carta senza vedersi.

Il Segreto (la magia della musica) può così prendere corpo e sostanza e in questo senso sono abbastanza emblematici i bellissimi versi di Haunted Eyes, dove gli occhi dell'autore diventano gli occhi della canzone, che diventata uno specchio, riflette anche lo sguardo dell'ascoltatore. Tutti con gli stessi occhi, che ci guardiamo gli uni con gli altri, ma in realtà guardiamo noi stessi, con i nostri occhi posseduti i nostri occhi ossessionanti.

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