Ci aveva lasciato con il songwriting scuro ed elettronico di "Our Shadow Will Remain", disco eccezionale martoriato dalla distribuzione, forse è proprio per questo che Arthur con il suo quinto disco inaugura la propria etichetta, così dopo due anni intensi e febbrili, nel quale Arthur ha affinato la sua arte, producendo, arrangiando e suonando due dischi straordinari, esordi fulminanti come quelli di Tara Angell e Greg Connors, collaborazioni, concerti indimenticabili, la pubblicazione del suo primo Art Book accompagnato da un'indispensabile colonna sonora che porta il titolo di "We Almost Made It", e che si staglia perfettamente a metà tra gli sperimentalismi elettronici di Byrne e le soundtrack di Gabriel.

"Nuclear daydream" porta con se tutte queste esperienze, distribuite in 12 canzoni, semplici, affascinanti ed oscure, svestite, quasi scheletriche per mostrare tutto il loro nudo incanto, avvolgendole di spiritualismo e psichedelia.

Tutte le canzoni sono molto orecchiabili, e la loro struttura è semplice, ma grazie ai preziosi arrangiamenti di Arthur riescono a sorprendere e ad evolversi ascolto dopo ascolto, come nel caso dell'iniziale "Too Much To Hide" e nella bellissima e tenebrosa "Black Lexus". "Enough To Get Away" porta ancora i segni della collaborazione con Greg Connors ed è una lucida e spiazzante canzone sul sogno americano. "Slide Away" è qualcosa tra Prince e Bowie, solo un poco più acida.

"You Are Free" è una ballata di pop psichedelico sopraffina, così come "Woman" e lo spiritual lisergico di "Don't Tell Your Eyes". "Automatic Situation" ricorda molto da vicino gli episodi più elettronici di "Our Shadow Will Remain". Menzione speciale per "Eletrical Storm" e "Don't Give Up On People", due song mutanti e radioattive, ipnotiche nel loro incedere, fotografie sfocate di qualcosa che non esiste più, profondamente belle e tristi nello stesso tempo.

"When I Was Running Out Of Time" sembra uscita fuori da 'Hunky Dory', genuinamente bella sostenuta da un grande testo e dalla formidabile voce di Arthur. Chiude la title track, una ballata dylaniana, una canzone che è un confine. È qualcosa che finisce, è un emozione intensa, che quando finisce ti lascia svuotato, è una bomba atomica dell'anima, è una allucinazione nucleare.

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