Al suo esordio come cineasta Joseph Gordon Levitt (già famoso per i suoi ruoli da protagonista in Mysterious Skin e Brick-Dose Mortale nonchè per i ruoli di comprimario in The Dark Knight Rises e Inception)decide di non farsi mancare proprio nulla impersonando il ruolo di regista, sceneggiatore e protagonista principale di questo Don Jon, per i non esperti la classica commedia sentimentale americana, per i cinefili già bollata come indie-porn comedy, per il sottoscritto nessuna delle due, che perdonate la metafora un pò banale ha ricordato un pò i bigliettini con le massime d'amore/cosmo/universo tutto che escono dai baci perugina: massime che di primo acchito possono sembrare frasi banali e clichè gettati lì tanto per-da dire tra una sdolcineria e l'altra ma che forse almeno stando alle intenzioni degl'autori intendevano dire qualcosa di più profondo
Ecco per me la premiere registica di Gordon Levitt è proprio cosi: frivola all'apparenza ma forse, molto ma molto più profonda e interessante di quello che vuol dare a vedere.
Ma bado alle ciance: di cosa parla sto Don Jon? Diciamo che il film ci narra della storia di Jon Martello Jr. , Don Jon per gli amici, classico prototipo di maschio alfa dominante totalmente inglobato nella sua vita routinizzata fatta di palestra, auto, chiesa, famiglia, amici, amiche e porno ad libitum.
La vita di Don Jon sembra seguire un'andamento ciclico cosi come la narrazione temporale del film che scandisce le giornate tipo di Jon che trovano tutte il loro culmine nella dipendenza da Porn Movie del Don. Il porno sembra avere nel mondo del Don Giovanni del ventunesimo secolo un ruolo cosi centrale che spesso e volentieri il Don lo preferirà al sesso vero ritenendo l'autoerotismo da Youporn(anzi più che autoerotismo le scene che danno il via all'atto autoerotico) la forma di sesso perfetta, ideale, priva di imperfezioni, pura, pulita(la mania per la pulizia e l'igiene è un'altra delle caratteristiche del Don favolosamente interpretato da Gordon Levitt)
Le cose cambieranno un giorno però quando durante l'ennesima serata trascorsa in disco dal Jon con lo scopo di rimorchiare la selvaggina per concludere la giornatain bellezza conoscera Barbara Sugerman(interpretata da Scarlett Johansson)definita a più e più riprese dallo stesso playboy incallito come "la creatura più bella del creato" che costituirà un vero fulmine a ciel sereno per l'esistenza del Jon.
In chiara e aperta "sfida con sè stesso" Jon proverà il tutto per tutto per riuscire a "possedere" le grazie della bella Barbara, anch'essa archetipo della femminilità del ventunesimo secolo tutta vizi e-perdonatemi il termine-desiderio di castrazione, per poi scoprire, una volta fatta propria la consorte che non era proprio quello che desiderava, che il porno era ancora una volta meglio del sesso vero e che Barbara completava solo il suo "stereotipo" ma non il suo vero Io.
I nodi verranno al pettine e si scioglieranno definitivamente solo verso la fine della pellicola con l'entrata in scena della matura Eshter(Julianne Moore) che indicherà la via (materialmente e spiritualmente) al Jon per la redenzione non solo dal peccato(affrontato più volte nelle esilaranti scene del confessionale durante le quali il corrispettivo per l'assoluzione dei peccati erotici e autoerotici sarà conteggiata nel numero di pater noster e ave maria da recitare quotidianamente)ma permetterà anche, attraverso la sua visione di "amore come condivisione" di capovolgere totalmente il quadro di valori del Jon, avvicindolo di un passo alla "felicità" permettendogli di raggiungere una vera e propria "autorealizzazione" e rompere quel mondo plasticoso, artificiale, virtuale costituito dal suo essere "macho" più che essere uomo, dalla sua routine quotidiana e ordinaria(significativa la scena in cui percorrendo la strada per andare nel salone del body building interrompe i propri passi dedicandosi ad una più "salutare" partita di basket)e ovviamente dal porno, trovando una dimensione in cui sesso e amore si conciliano.
La prima prova dietro la cinepresa di Levitt è dunque un film più maturo e profondo di quello che vuole dare a vedere che affronta con coraggio e forse un pizzico di (sana)ingenuità un bel pò di tematiche mica da poco: le dinamiche delle relazioni di coppia nella società dell'apparire, la sovrapposizione fra dimensione reale e virtuale dell'era digitale, la visione dell'amore come condivisione capace di spezzare la routine che ci rende "autonomi" della società post-industriale moderna e la dipendenza da porno online of course.
Un bel pò di tematiche belle "pesanti", ecco forse pure troppe per un film di "soli" 90 minuti che fila via senza intoppi; forse è proprio questo il più grande difetto di questo Don Jon, toccare elementi interessanti, talmente tanto interessanti che ciascuno di questi avrebbe richiesto forse una elaborazione più approfondita di quella concessagli in un 90 minutes movie.
Unito a questo difett(uccio) và anche presa in considerazione una certa "ingenuità registica" di un Levitt alle prime armi che non sempre riesce(volutamente? ) a shockare trasportando su grande schermo immagini o scene adeguatamente rappresentative delle tematiche affrontate: il porno e il "sesso" sono qui solo sussurrati e in parte proprio per questo la pellicola a metà perde di mordente, di quella carica iniziale quasi "shock" dei primi 15 minuti.
Per amor del vero a queste piccole finezze che non consentono a questo Don Jon di rientrare prepotentemente di diritto nei Cult Movie di questo decennio(. . forse ma mai dire mai)fanno da contraltare altre scelte registiche decisamente azzeccate: il suono del Mac che introduce il Don nel mondo degl' XXX video, il ritratto caricaturale della famiglia di Jon stereotipo della italoamericanità, un'accenno di meta-cinematografia nella scena del cinema vista al cinema e il superbo trionfo della plastica, del finto, della pubblicità che accompagna l'ingresso degli spettatori nel mondo di Jon ad inizio film sono tutti elementi squisitamente pregevoli da un punto di vista registico. Ma insomma, anche alla luce di questi elementi forse a questo film manca qualcosa.
Lo dico?
Lo dico: forse un pizzico di audacia in più avrebbe giovato.
Ma in ogni caso criticare una prova d'esordio del genere è un delitto senza alcun dubbio.
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